sabato 25 dicembre 2021

La casa di cuoio


Il 27 marzo 1995 Maurizio Gucci viene assassinato da un sicario assoldato dalla sua ex-moglie Patrizia Reggiani. Come si è giunti a questo? Il film ci accompagna, seguendo proprio il personaggio di Patrizia, nel mondo della celebre famiglia fiorentina, pieno di dissapori, rancori, beghe legali e scandali, appena nascosti sotto la patina della ricchezza e della fama.
Ridley Scott sceglie i toni forti, per delineare i protagonisti di una tragedia familiare degna di Shakespeare, al limite del grottesco, servito da un cast  monumentale che riesce a giocare con grande abilità sulla caratterizzazione dei personaggi. Si va dal gigionesco Al Pacino all’irriconoscibile Jared Leto sempre sopra le righe, dal teatrale Jeremy Irons alla travolgente performance di Lady Gaga, brava nel dar corpo ad una donna ambiziosa e manipolatrice, vittima delle sue stesse macchinazioni, una outsider in un mondo maschilista e classista.
La scelta di una colonna sonora operistica sottolinea questa narrazione un po’ esagerata, che restituisce un feroce ritratto di un certo mondo privilegiato e conferma un vecchio adagio: il denaro non dà la felicità. Lo scopre a care spese Patrizia, ammaliata dalle scintillanti boutique di Gucci e dal sogno di ricchezza e potere che rappresentano, finendone tragicamente accecata.
A parte alcune lungaggini e il curioso accento degli attori nella versione originale (ma tanto in sala lo vediamo doppiato) il film non è male e vale la visione, se non altro per l’ottima interpretazione di Lady Germanotta.

House of Gucci (USA, 2021)
Un film di Ridley Scott.
Con Lady GaGa, Adam Driver, Jared Leto, Jeremy Irons, Al Pacino, Camille Cottin, Youssef Kerkour, Jack Huston, Salma Hayek, Alexia Murray, Vincent Riotta, Gaetano Bruno.
Durata 158 min. 


venerdì 19 novembre 2021

Notizie dalla Francia


Un’immaginaria rivista americana pubblicata in un’altrettanto immaginaria francesissima città (Ennui-sur-Blasé) è la cornice per un gustoso film a episodi.
The French dispatch è un divertissement in puro stile Anderson: un film corale, letterario, stravagante, cerebrale e – come sempre –  costruito in modo perfettamente geometrico.
La messa in scena è spinta al massimo dell’artificioso, con soluzioni teatrali (scenografie mobili) e tableaux vivants nei momenti d’azione. Le storie sono incorniciate in altre storie, in una vertiginosa messa in abisso in cui la cornice spesso conta più del contenuto. Con l’espediente della rivista, il film tratta gli argomenti più vari, dall’arte alla politica, dal reportage di viaggio alla cucina e mescola bianco e nero al colore, ma sempre con un controllo maniacale nella composizione delle inquadrature. Con il consueto cast all stars (anche tra i ruoli più secondari), Anderson si può permettere di calibrare ogni sfumatura, passando dal grottesco a situazioni più intime potendo contare su interpreti di prim’ordine che stanno sempre al gioco.
Il film è un affettuoso omaggio realizzato con brio e ironia sia alla Francia (e al suo cinema: Tati, Deni, la Nouvelle Vague) che al celebre magazine americano The New Yorker (a cui s'ispirano le copertine del French Dispatch negli imperdibili titoli di coda). Ed è talmente denso di trovate e invenzioni visive che va visto almeno un paio di volte, prendendo appunti. 

The French dispatch (USA, 2021)
Un film di Wes Anderson.
Con Benicio Del Toro, Adrien Brody, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Frances McDormand, Timothée Chalamet, Lyna Khoudri, Jeffrey Wright, Mathieu Amalric, Steve Park, Bill Murray, Owen Wilson, Elisabeth Moss, Willem Dafoe, Saoirse Ronan, Kate Winslet, Griffin Dunne, Christoph Waltz, Rupert Friend, Fisher Stevens, Henry Winkler, Alex Lawther, Jason Schwartzman, Bob Balaban, Cécile De France,Edward Norton, Liev Schreiber.
Durata 108 min. 

martedì 16 novembre 2021

Fuori i mostri!

Roma, 1943. Gli artisti di uno scalcinato circo cercano di sfuggire alla guerra ma finiscono in mano ai nazisti: il proprietario in quanto ebreo, gli altri perché dotati di poteri speciali. C’è un nazista che li vuole per formare un esercito di superuomini in grado di ribaltare le sorti del conflitto.
Con uno degli incipit più formidabili degli ultimi anni, Freaks out lascia il segno e apre una via poco praticata nel cinema italiano, giocando con intelligenza nel campo hollywoodiano dei blockbusters tutti effetti speciali e supereroi, reinventandolo in salsa nostrana. Ne esce un film poetico e ribaldo, zeppo di invenzioni e con un brillante riuso di stereotipi del genere. Il regista ci catapulta in un mondo fiammeggiante tra Fellini e gli X-men, a inseguire quattro outsiders che cercano un posto in cui sentirsi a casa dopo aver perso il fragile riparo del circo. A dare la caccia ai nostri fenomeni da baraccone, c’è Franz (Franz Rogowski), un mostro all’ennesima potenza, un nazista altrettanto freak (ha 12 dita e visioni del futuro), folle, frustrato e in fondo inadeguato più delle sue prede.
Il film è illuminato (a volte letteralmente) da Matilda, la ragazza elettrica, incarnata con mirabile efficacia da Aurora Giovinazzo. È la classica eroina riluttante, quella dall’animo più puro e dal potere più letale, che salverà la situazione, dopo un doloroso percorso di crescita, nell’apocalittico scontro finale.
Da vedere in sala, per riscoprire un cinema profondo e popolare pensato in grande stile.

Freaks Out (Italia, Belgio 2021)
Un film di Gabriele Mainetti.
Con Claudio Santamaria, Aurora Giovinazzo, Pietro Castellitto, Giancarlo Martini, Giorgio Tirabassi, Max Mazzotta, Franz Rogowski,
Durata 141 min.  

martedì 12 ottobre 2021

L'importante è finire



Quinto e ultimo capitolo del reboot con Daniel Craig dell’inossidabile saga di 007, No time to die, dopo un lungo prologo, ci presenta un James Bond pensionato in Giamaica. Non durerà molto. Infatti viene coinvolto in un’operazione del suo vecchio amico della CIA Felix Leiter incentrata sul rapimento di uno scienziato che ha sviluppato una segretissima e letale arma a base di nanobot per conto di M, ex-capo di Bond.
Nel film ritroviamo un po’ di personaggi visti in Spectre, il non entusiasmante precedente capitolo, tra cui Madeleine, che pare essere l’unica in grado di spezzare il poco tenero cuore di Bond. Non a caso la colonna sonora – nella sequenza della fuga romantica in Italia – cita il classico  We Have All the Time in the World , tema d’amore del solo film della saga in cui Bond si sposa per divenire subito dopo vedovo (Agente 007 - Al servizio segreto di Sua Maestà). Qui la trama riserva altre sorprese, ma ci presenta un Bond più maturo e decisamente poco sciupafemmine. Per il resto la sceneggiatura – a cui ha messo mano anche la brillante Phoebe Waller-Bridge (Killing Eve, Fleabag)  – alleggerisce lo stancante e obbligatorio tour di locations esotiche e infiniti inseguimenti con dialoghi frizzanti e battute ironiche che mancavano un po’ in questa serie 007 targata Craig. Insomma si cerca di chiudere in gloria questo ciclo, che si era un po’ appannato, con un finale fuori dai canoni, in bilico tra le solite scene d’azione improbabili e personaggi più delineati e meno uni-dimensionali.
No time to die sfoggia il solito cast stellare, in cui brillano Ana de Armas (l’agente CIA Paloma) e il solito perfetto Christoph Waltz nel ruolo del perfido capo della Spectre Blofeld, mentre Rami Malek nel ruolo dell’antagonista Lyutsifer Safin appare un po’ sottotono.
Non il migliore della serie ma decisamente divertente nel suo genere. Il pubblico, visti gli incassi negli USA, sembra averlo apprezzato. E anche mia moglie.

No Time To Die (USA, Gran Bretagna 2021)
Un film di Cary Joji Fukunaga.
Con Daniel Craig, Léa Seydoux, Ralph Fiennes, Naomie Harris, Ben Whishaw, Rory Kinnear, Rami Malek, Dali Benssalah, Billy Magnussen, Ana de Armas, David Dencik, Lashana Lynch, José Alfredo Fernandez, Jeffrey Wright
Durata 163 min. 

domenica 19 settembre 2021

Come un verme nel deserto



Tratto dal primo volume dell’omonima saga creata da Frank Herbert, il film narra delle lotte di potere tra due casate e l’Impero per il controllo della produzione della Spezia, un prodotto essenziale per viaggiare tra i mondi. Paul Atreides, figlio adolescente del duca Leto, e suo successore designato, si trova al centro di intrighi e profezie con cui dovrà fare i conti. Palcoscenico dello scontro tra i buoni Atreides e i cattivi Harkonnen, è il pianeta desertico Arrakis (noto anche come Dune), dove la preziosa Spezia viene prodotta da letali e giganteschi vermi delle sabbie.
Villeneuve si misura con una sfida da far tremare i polsi, con un adattamento da un romanzo complesso, sfaccettato per l’intrico della trama e i numerosi sottotesti. Una sfida già persa in passato dal folle visionario Jodorowski (si veda il meraviglioso documentario di Frank Pavich Jodorowski’s Dune) e da un giovane e incosciente David Lynch.
La messa in scena è sontuosa e superba, il ritmo curiosamente lento e dilatato, nonostante la tanta carne al fuoco. La sceneggiatura si focalizza sul giovane eroe e il suo percorso di crescita e presa di coscienza, sul suo rapporto con gli ingombranti genitori (il granitico e leale Duca Leto e la “strega” Bene Gesserit Lady Jessica), mentre restano un po’ sullo sfondo altri temi ben presenti nel romanzo (ecologia, religione, economia). Per fortuna il regista evita che il film diventi un’accozzaglia di combattimenti e scene d’azione (che pur ci sono) e si prende del tempo con immagini liriche e paesaggi in sintonia con l’umore del protagonista, creando un curioso ibrido tra un blockbuster e un introspettivo film d’autore.
Se vogliamo trovare dei difetti, manca un solido gancio empatico con il protagonista e la colonna sonora pervasiva di Hans Zimmer diventa a volte molesta.
Delude inoltre il finale provvisorio – il film copre a mala pena metà dell’arco narrativo del primo volume – che preannuncia un (quasi certo) secondo capitolo.

Dune (USA, 2021)
Un film di Denis Villeneuve. 
Con Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård. 
Durata 155 min.

mercoledì 5 maggio 2021

Vite per strada



Fern è una vedova rimasta senza casa che gira gli States su un vecchio van vivendo di lavori saltuari o stagionali. Incontra un gruppo di nomadi che si ritrova annualmente nel deserto dell’Arizona, dove conosce molte persone nelle sue stesse condizioni che – per necessità o scelta – vivono sulla strada.
Toccante, poetico e realistico al tempo stesso, il film premio oscar Nomadland – un riuscito incrocio tra un road movie e un documentario – racconta l’articolata elaborazione di un lutto di una donna che ha perso tutto: il suo lavoro, il suo marito, la sua casa e infine la sua città. Troppo orgogliosa e troppo indipendente per accettare l’aiuto di familiari e amici, sceglie di girare l’America, conducendo una vita dura e grama ma godendo di una libertà impensabile per chi è schiavo di mutui e debiti.
La regista e sceneggiatrice Chloé Zhao (partendo dal libro inchiesta della giornalista Jessica Bruder) restituisce uno sguardo originale e distaccato sull’America contemporanea, che mostra l’altro lato dell’american dream, fatto di lavoretti, vecchi senza pensione, scarti di una società egoista e senza pietà. Dall’altro canto, questi nomadi incarnano un indomabile spirito di libertà ed evocano il mito dei pionieri, entrambi capisaldi della mitologia americana. Nel film non mancano gli sconfinati spazi della "frontiera" e la ricerca di una comunione con la natura, forse l’unica medicina per l’anima spezzata di Fern, una splendida e misurata Frances McDormand, qui al suo terzo Oscar. Con straordinaria naturalezza e grazie a dialoghi in gran parte improvvisati, l’attrice s’integra perfettamente in un cast composto prevalentemente da non professionisti (veri nomadi), riuscendo in modo semplice a toccare argomenti profondi e interrogandosi sul senso della vita e sull’insensatezza del capitalismo.

Nomadland (USA, 2020)
Regia di Chloé Zhao.
con Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Charlene Swankie, Derrick Janis.
Durata 108 min.