mercoledì 15 marzo 2017

Donne che contano


Storia vera di Katherine Johnson, Dorothy Vaughn e Mary Jackson, tre scienziate afro-americane impiegate alla NASA durante la corsa nello spazio negli anni Sessanta, che hanno contribuito al successo delle missioni spaziali con i loro formidabili talenti nel campo della matematica e della fisica.
La forza de Il diritto di contare sta nella straordinaria storia che riesce a narrare in modo coinvolgente, grazie ad un'ottima sceneggiatura e un cast notevole.
Katherine, donna nera vedova con figli in uno Stato segregazionista, è una vera eroina che deve combattere in ogni attimo della vita. I risultati che ottiene affermandosi in un ambiente razzista e sessista sono forse più importanti del successo di una missione nello spazio. Il parallelo tra i primi famosi astronauti e la dura e anonima vita di Katherine e delle sue colleghe sono l'aspetto più interessante del film, che riesce a mantenere sempre un tono frizzante e positivo.
Kevin Costner (e chi altri se no) ha la scena migliore e la battuta più memorabile: dopo aver divelto l'insegna per i bagni per soli neri se ne va sentenziando "Qui alla NASA facciamo tutti la pipì dello stesso colore."
Ignorato dagli Oscar – inflazionati quest'anno da storie di afro-americani – il film va assolutamente recuperato per lo stile elegante e la sua piacevole fattura.

Il diritto di contare (Hidden Figures, USA, 2017)
Un film di Theodore Melfi.
Con Taraji P. Henson, Octavia Spencer, Janelle Monáe, Kevin Costner, Kirsten Dunst, Jim Parsons, Mahershala Ali.
Durata: 127 min.

martedì 14 marzo 2017

Il più grande mercato dei Balcani


Trieste, Yugoslavia
ci riporta indietro alla Trieste dei jeansinari, vetrina sul capitalismo occidentale per le genti della Jugoslavia di Tito, ai decenni in cui il mercato di Ponterosso (e il Borgo Teresiano) venivano presi d'assalto dai folcloristici compratori d'oltreconfine.
Il documentario si avvale di interviste a commercianti, giornalisti e fotografi locali che ricostruiscono il clima degli anni in cui a Ponterosso la lingua franca era il serbo-croato, quando a Trieste il sabato arrivavano cinquecento pullman da tutta la Jugoslavia e la città era invasa da decine di migliaia di compratori. Il film poi oltrepassa il confine per raccontare il punto di vista degli ex-jugoslavi, completando il quadro di questo fenomeno epocale, con analisi storiche e testimonianze di intellettuali, storici, artisti e vip balcanici come Goran Bregović e Rade Šerbedžija, ma anche doganieri, autisti e semplici compratori. Ne esce un affresco a volte nostalgico, spesso divertente, di un mondo scomparso improvvisamente con l'implosione (e la successiva guerra) jugoslava, che si avvale di affascinati immagini e riprese d'epoca. Resta la triste sensazione di un'occasione persa dalla città per essere più accogliente e veramente cosmopolita. Il documentario sceglie di non affrontare l'aspetto politico della faccenda, come il noto sentimento anti-slavo presente in città (ne accenna solo una testimonianza nel film), che spiega l'assenza di qualsiasi forma di accoglienza o servizi per questo enorme flusso di turisti commerciali susseguitosi per ben tre decenni.
Trieste, Yugoslavia è un importante e preziosa testimonianza storica di un passato recente, ignoto ai più giovani e – molto probabilmente – al resto d'Italia. Il documentario è stato accolto calorosamente dal pubblico triestino durante tutte le sue affollate proiezioni. Da non perdere!


Trieste, Yugoslavia  (Italia, 2017)
Un film di Alessio Bozzer.
Durata 62 min.