martedì 28 gennaio 2020

In guerra contro il tempo


Prima Guerra Mondiale, Belgio. Ai caporali Schofield e Blake viene affidata una missione impossibile: portare un messaggio ad un battaglione isolato oltre le linee nemiche per salvarlo da una trappola mortale.
Sam Mendes sceglie di raccontare la Prima Guerra prendendo un piccolo episodio e immergendo lo spettatore dentro l’azione. Lo fa seguendo i protagonisti da vicino, incessantemente, con un (apparentemente) unico mirabolante piano sequenza. Ciò gli permette di trasportarci in un breve ma intenso viaggio attraverso il fronte, quasi senza sosta, stando sempre addosso agli attori.
Scegliendo di riprendere tutto senza stacchi fa vivere allo spettatore in maniera implacabile la gara contro il tempo dei due sventurati caporali. Ma questa sembra essere l’unica vera idea buona del film, perché l’esile trama da videogioco, che prevede una serie di prove e ostacoli da superare per completare la missione, tralascia qualsiasi giudizio o discorso sulla Grande Guerra.
Questa scelta fa sì che 1917 sia un film tecnicamente e visivamente stupefacente, ma un po’ vuoto di contenuti. Ho passato più tempo a chiedermi come siano state realizzate certe sequenze (risposta: steadycam, cavi volanti, carrucole e un sofisticato montaggio invisibile) che a seguire e ad appassionarmi alla storia.
Il film non è brutto, solo che mi ha lasciato l’impressione che la tecnica prevalga su tutto il resto e che alla fine dica poco o niente di nuovo su questa guerra, finendo per essere poco più di un virtuosistico e sterile esercizio di stile. Perché non bastano l’uso incredibile della macchina da presa, le elaborate scene di massa, la sterminata scenografia e la fotografia da Oscar di Roger Deakins (i suoi notturni sono pazzeschi) per fare di questo film un capolavoro. Da un regista di talento come Sam Mendes ci si aspettava qualcosa di più.
In conclusione: 1917 ha poche cose da dire, però le dice bene.

1917 (Gran Bretagna, 2019)
Un film di Sam Mendes.
Con George MacKay, Dean-Charles Chapman, Mark Strong, Andrew Scott, Richard Madden.
Durata 110 min.

domenica 19 gennaio 2020

Il mio amico Adolf


Nella Germania del Terzo Reich in guerra, un ragazzino fanatico nazista scopre che la madre ha nascosto in casa una ragazza ebrea: un incontro che metterà in crisi il suo mondo.
Jojo Rabbit è un delizioso apologo sui danni dei regimi totalitari incentrato su Jojo, che ha per amico immaginario lo stesso Hitler, idolatrato come fosse una pop star – non a caso i titoli di testa accoppiano un brano dei Beatles a scene d’isteria durante i raduni nazisti – e sul suo scontro con il nemico d’eccellenza, il mostro ebreo. Peccato che si tratti di una bella e fiera ragazza, che a poco a poco distruggerà tutte le sue fantasiose convinzioni indotte dalla feroce propaganda nazista.
Nonostante i tempi drammatici che descrive, la pellicola – nella prima parte almeno – sceglie i toni della commedia, spesso virata verso il grottesco, dato che le vicende vengono trasfigurate dal punto di vista del bambino. Nella seconda parte si fa più cupo quando la violenza del regime e la guerra deflagrano nella vita di Jojo.
Il film è costellato da gag divertenti e invenzioni spassose, ma è quando incrocia la realtà grottesca del nazismo stesso che il cortocircuito tra tragedia e commedia genera le scene migliori: si veda la visita della Gestapo in casa o le scene finali con l’amichetto, soldato con la divisa di carta, spedito a combattere il nemico.
Il film si avvale di varie star in ruoli di supporto, in gran parte sotto utilizzate, mentre il giovane Roman Griffin Davis nel ruolo del protagonista è assolutamente perfetto.

Jojo Rabbit (Germania 2019)
Un film di Taika Waititi.
Con Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Rebel Wilson, Sam Rockwell.
Durata 108 min.

giovedì 9 gennaio 2020

La dea ignorante


Arturo e Alessandro sono una coppia in crisi quando la loro cara amica Annamaria, alla vigilia di un ricovero ospedaliero, affida loro i suoi due bambini. Sarà un evento con conseguenze inaspettate.
Ozpetek torna nella sua comfort zone, riproponendo ambientazioni e situazioni che riportano alla memoria i suoi film di maggior successo (Le fate ignoranti su tutti), muovendosi abilmente tra dramma e commedia.
Forte di una sceneggiatura più asciutta del solito e grazie ad un manipolo di bravi attori, Ozpetek confeziona un film forse senza grandi sorprese ma piuttosto godibile. In questa pellicola la tematica gay è quasi ai margini, data per scontata, ma il messaggio – neanche tanto velato – è che una famiglia alternativa e “contro natura” può essere meglio di quella naturale (si veda la mamma “strega” di Annamaria e la sua angosciante magione).
I detrattori del cinema di Ozpetek troveranno nella Dea Fortuna tutti gli elementi per irritarsi (dalle scene corali sulla terrazza della periferia romana all’improbabile gruppo di amici stravaganti, dall’immancabile momento musicale al colpo di scena drammatico, per non parlare dell’imprescindibile sequenza girata nel museo di turno), gli stessi che i suoi fans apprezzeranno come il confortevole calore di un vecchio maglione.

La dea fortuna (Italia, 2019)
Un film di Ferzan Ozpetek.
Con Stefano Accorsi, Edoardo Leo, Jasmine Trinca, Sara Ciocca, Edoardo Brandi.
Durata 118 min.