Una scienziata alla sua prima missione e un astronauta veterano finiscono dispersi nello spazio a causa di un incidente. Lotteranno contro il tempo per trovare un modo per ritornare sulla Terra. Difficile dire di più senza fare degli spoiler. Vediamo se ci riesco…
Gravity è uno strano oggetto filmico, un ibrido tra un piccolo film d'autore e la mega-produzione hollywoodiana. Cast ed effetti stellari a prima vista fanno pendere la bilancia su quest'ultimo aspetto del film. Ma l'essenzialità della trama, la scarsità di personaggi (due), il suo carattere altamente "umanistico", i tempi lunghi e il controllo pressoché totale sul film di Alfonso Cuarón (regia, sceneggiatura, produzione, montaggio), mi suggeriscono che si tratti di un film molto particolare, personale, quasi autoriale, appunto.
La messa in scena è straordinariamente realistica e verosimile, spettacolare soprattutto per l'ambientazione estrema, che è parte integrante della pellicola. Il film ci porta in luoghi lontani dalla nostra quotidiana esperienza, ma esistenti. Satelliti, stazioni spaziali, shuttle e capsule di salvataggio sono là che orbitano sopra le nostre teste. Non sono le navicelle ordinate, asettiche e iper-tecnologiche a cui film di fantascienza ci hanno abituato. Sembrano più dei fragilissimi barattoli di latta, disordinati e poco glamour. Perché Gravity non è un film di fantascienza, è semplicemente un film ambientato nel cosmo, che immagina un naufragio spaziale, con due dispersi che cercano una scialuppa di salvataggio a gravità zero.
L'autore riesce a mantenere viva la tensione per tutto il tempo, realizzando un film coinvolgente – non solo per un ineccepibile 3D – grazie all'interpretazione perfetta di una sorprendente Sandra Bullock, sottoposta ad un vero tour de force fisico (deve simulare per tutto il film l'assenza di gravità). Il suo personaggio si trova a lottare per sopravvivere, ma prima dovrà ritrovare la voglia di vivere, per vincere le avversità e sperare di tornare a casa.
Gravity è un film visivamente stupendo, che mescola la sapientemente grandiosità dell'ambientazione con le intime pene di una donna sola, che cerca di superare un terribile lutto e di riconciliarsi con il mondo, quello stesso mondo che scorre silenzioso e maestoso sotto/sopra di lei. Un film intelligente e spettacolare, come è raro trovare di questi tempi. Da gustare rigorosamente al cinema.
Gravity (USA / Gran Bretagna, 2013)
Un film di Alfonso Cuarón.
Con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Orto Ignatiussen, Phaldut Sharma.
Durata 92 min.
domenica 6 ottobre 2013
martedì 1 ottobre 2013
Il circuito della vita
Rush racconta l'epica sfida tra Lauda e Hunt sui circuiti della Formula 1 nella seconda metà degli anni Settanta, uno scontro tra due stili di vita e di guida. Doppia biografia intrecciata dei due piloti, le cui vite avranno esiti molto diversi.
Il film di Ron Howard, sostenuto dall'ottima e solida sceneggiatura di Peter Morgan (quello di Frost/Nixon e The Queen), non è solo un omaggio ad uno degli sport più cinematografici che si possano immaginare, ma anche la cronaca appassionata di uno scontro tra due campioni dai caratteri diametralmente opposti. Hunt è un simpatico sbruffone, bello e fascinoso, spericolato nella vita e in pista, vive alla giornata, gareggia sfidando la morte e vuole godersi fino in fondo tutti i frutti che la fama e la ricchezza gli porta. Lauda è arrogante e antipatico, un freddo calcolatore, ma determinato e competente, dalla vita seria e (quasi) noiosa. Entrambi pecore nere di famiglie ricche, hanno due stili di vita speculari e due modi opposti di intendere lo sport, ma in fondo sono due campioni che si ammirano e si rispettano a vicenda.
Il film racconta la loro rivalità dalle prime prove in Formula 3 sino al drammatico campionato del 1976, durante il quale duelleranno fino alla fine. Quella stagione viene ricordata anche per il terribile incidente a Lauda e dalla sua incredibile "resurrezione", che il regista mette in scena in modo crudo e realistico, mostrandoci di che pasta è fatto quell'austriaco testardo.
La messa in scena impeccabile ci porta in un'epoca lontana, dove i piloti rischiavano veramente la vita ad ogni corsa, ci trascina nell'abitacolo delle monoposto, con riprese impossibili a quei tempi, e con un coinvolgimento tale che pare di sentire l'odore di benzina.
Quel bisteccone di Chris Hemsworth dà corpo – e che corpo, le signore ringraziano per la generosità con cui lo espone – ad un credibile Hunt, mostrando doti attoriali che superano il menar il martello di Thor, mentre il bravo è Daniel Brüh, con muso da topo e volto perennemente imbronciato, è un Lauda simpaticamente sgradevole e geniale.
Rush, nella miglior tradizione di Howard, è un film non particolarmente innovativo, ma è appassionante, ben girato e molto divertente. Piacerà a tutti, anche a chi non importa un fico secco della F1, perché parla di come gli uomini possono affrontare la vita e la morte.
Rush (USA, Gran Bretagna, Germania 2013)
Un film di Ron Howard.
Con Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino.
Durata 123 min.
Il film di Ron Howard, sostenuto dall'ottima e solida sceneggiatura di Peter Morgan (quello di Frost/Nixon e The Queen), non è solo un omaggio ad uno degli sport più cinematografici che si possano immaginare, ma anche la cronaca appassionata di uno scontro tra due campioni dai caratteri diametralmente opposti. Hunt è un simpatico sbruffone, bello e fascinoso, spericolato nella vita e in pista, vive alla giornata, gareggia sfidando la morte e vuole godersi fino in fondo tutti i frutti che la fama e la ricchezza gli porta. Lauda è arrogante e antipatico, un freddo calcolatore, ma determinato e competente, dalla vita seria e (quasi) noiosa. Entrambi pecore nere di famiglie ricche, hanno due stili di vita speculari e due modi opposti di intendere lo sport, ma in fondo sono due campioni che si ammirano e si rispettano a vicenda.
Il film racconta la loro rivalità dalle prime prove in Formula 3 sino al drammatico campionato del 1976, durante il quale duelleranno fino alla fine. Quella stagione viene ricordata anche per il terribile incidente a Lauda e dalla sua incredibile "resurrezione", che il regista mette in scena in modo crudo e realistico, mostrandoci di che pasta è fatto quell'austriaco testardo.
La messa in scena impeccabile ci porta in un'epoca lontana, dove i piloti rischiavano veramente la vita ad ogni corsa, ci trascina nell'abitacolo delle monoposto, con riprese impossibili a quei tempi, e con un coinvolgimento tale che pare di sentire l'odore di benzina.
Quel bisteccone di Chris Hemsworth dà corpo – e che corpo, le signore ringraziano per la generosità con cui lo espone – ad un credibile Hunt, mostrando doti attoriali che superano il menar il martello di Thor, mentre il bravo è Daniel Brüh, con muso da topo e volto perennemente imbronciato, è un Lauda simpaticamente sgradevole e geniale.
Rush, nella miglior tradizione di Howard, è un film non particolarmente innovativo, ma è appassionante, ben girato e molto divertente. Piacerà a tutti, anche a chi non importa un fico secco della F1, perché parla di come gli uomini possono affrontare la vita e la morte.
Rush (USA, Gran Bretagna, Germania 2013)
Un film di Ron Howard.
Con Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino.
Durata 123 min.
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