sabato 13 gennaio 2018

Il cuore oscuro dell'America

Una madre che ha perso da poco la figlia, stuprata e assassinata, affigge tre grandi manifesti fuori dalla cittadina di Ebbing, accusando lo sceriffo di non fare nulla per trovare il colpevole. L’iniziativa non passerà inosservata, scatenando una serie di eventi imprevedibili.
Una sceneggiatura di ferro, una regia asciutta e precisa e un cast formidabile sono gli ingredienti di questo film piccolo e sorprendente. La storia cupa e una trama apparentemente scontata non vi lascino ingannare: il film e i suoi personaggi prendono presto dei sentieri inaspettati.
Il regista e sceneggiatore irlandese Martin McDonagh – che viene dal teatro e si vede – ha il dono di volgere in un secondo una scena drammatica in comica, senza scadere mai nel grottesco. Inoltre riesce a costruire dei personaggi per niente banali. La figura tragica di Mildred Hayes, madre in lutto interpretata magistralmente da una strepitosa Frances McDormand, ha spesso toni da commedia, grazie al suo carattere ruvido ed alla sua lingua tagliente. Così lo sgradevole agente Jason Dixon – quasi uno stereotipo del poliziotto violento e razzista incarnato dal bravissimo Sam Rockwell – ci mostrerà nel corso della storia tutta la sua complessa umanità.
Il microcosmo di Ebbing, cittadina persa nell’America più profonda e oscura, ci racconta molto dell’America contemporanea, affrontando in modo disincantato e mai didascalico temi di grande attualità come il razzismo, la violenza sulle donne ma anche l’ipocrisia di una società bigotta. Memorabile in questo senso il monologo di Mildred con il prete sulle colpe di una casta che non fa nulla per impedire la pedofilia al suo interno, discorso facilmente allargabile alle responsabilità di tutta una società, complice di un’infinità di crimini ma sempre pronta a fare la morale a chi esce dal coro per gridare che il re è nudo.
Tre manifesti a Ebbing, Missouri (premiato a Venezia e ai Golden Globe) è uno dei migliori film visti da molti anni a questa parte, una pellicola che fa pensare e riesce nel difficile compito di far ridere in modo intelligente. Da vedere assolutamente.

Tre manifesti a Ebbing, Missouri
(Three Billboards Outside Ebbing, Missouri, USA / Gran Bretagna, 2017)
Un film di Martin McDonagh.
Con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish, Lucas Hedges, Peter Dinklage
Durata 115 min.

venerdì 5 gennaio 2018

L'uomo più solo del mondo


Roma, 1973. John Paul Getty III, giovane nipote dell’uomo più ricco del mondo viene rapito dalla 'ndrangheta, ma il nonno non vuole pagare il riscatto. Sua madre lotterà con tutte le sue forze per far tornare a casa il figlio.
Ispirato ad un celebre fatto di cronaca – raccontato con qualche libertà – il film si concentra sulla figura di Gail Harris, nuora divorziata del magnate del petrolio Jean Paul Getty, che si trova a fare le spese con una famiglia tanto potente quanto disfunzionale: un marito drogato e un suocero la cui ricchezza è direttamente proporzionale alla sua taccagneria, impegnato solo ad accumulare ricchezze e mantenere le distanze dai familiari.
Getty affronta il rapimento del nipote come un qualsiasi affare e manda a trattare con i rapitori il suo consulente per la sicurezza Fletcher Chase, ex agente CIA, esperto nel trovare accordi in qualsiasi situazione. L’aspetto più interessante del film è questo parallelo tra lo spietato mondo degli affari di Getty e quello dell’anonima sequestri: le due sequenze in cui i milioni del riscatto vengono contati in banca e poi ricontati nel casolare dei banditi esplicita in maniera chiara questa lettura della vicenda, come l’episodio in cui il giovane rapito viene venduto ad un “investitore”, ribadendo il concetto che si tratta solo di affari.
Alla fine è difficile scegliere se sia più feroce il nonno, che si limita a prestare i soldi al figlio per pagare il riscatto (ma solo per beneficiare di uno sgravio fiscale) o il rapitore spietato che fa tagliare un orecchio a Paul.
Il film, diretto con mano sicura da Ridley Scott, fila liscio nonostante la durata, grazie ad un buon ritmo e una costruzione piuttosto classica e lineare. Ci restituisce un’Italia immersa nell’austerity, a volte un po’ esotica, divisa tra la dolce vita e il folclore della 'ndrangheta calabrese, ma che è un perfetto sfondo per questa cupa parabola sul lato oscuro del capitalismo.
Un grande Christopher Plummer  – che ha sostituito a riprese ultimate Kevin Spacey caduto in disgrazia – dà vita ad un Jean Paul Getty a tutto tondo, odioso e spietato ma che riesce a suscitare sprazzi di empatia nello spettatore mostrando barlumi di umanità, come quando racconta al nipote i suoi puerili sogni imperiali o spiega la sua pulsione di circondarsi di capolavori (perché gli oggetti non cambiano e non ti tradiscono), facendo intravedere tutta la solitudine dell’uomo più ricco del mondo.

Tutti i soldi del mondo (All the Money in the World, USA 2017)
Un film di Ridley Scott.
Con Michelle Williams, Christopher Plummer, Mark Wahlberg, Charlie Plummer, Romain Duris.
Durata 132 min.