mercoledì 28 settembre 2011

Shock the monkey



Will Rodman è uno scienziato che sta cercando la cura per l'Alzheimer testando un farmaco sugli scimpanzè. Non troverà la cura, ma le scimmie diventeranno intelligentissime. Gli uomini, invece, restano gli stupidi di sempre.
Piacevole remake (o reboot, come dicono i fighi) della saga del "Pianeta delle Scimmie", sorprendentemente fatto benissimo. Pur stigmatizzando la pessima abitudine hollywoodiana nel ripescare soggetti dal passato, devo ammettere che questa pellicola è girata con stile, ritmo e una cura che altrove ­ in film del genere ­ latitano. Non è un film d'autore, certo, ma puro cinema-godimento per gli occhi che però non tralascia il cervello.
A volte tende a sottolineare didascalicamente alcune scene come se si rivolgesse a bambini di tre anni (difetto comune a molti film americani per il grande pubblico). Per esempio, quando lo scimpanzè Cesare, portato a spasso nel parco, incrocia il cane al guinzaglio, prende coscienza di come viene trattato dal suo padre-padrone: bastava il gioco di montaggio tra lo sguardo di Cesare e l'inquadratura del guinzaglio a far capire tutto, senza bisogno del successivo dialogo pleonastico. Insomma, il regista poteva osare di più, un po' di sano sperimentalismo da cinema muto, visto che aveva per gran parte del film in scena delle scimmie non parlanti.
Ma non pretendiamo troppo. L'alba del pianeta delle scimmie resta un film molto piacevole da vedere, senza cali di tono, con sequenze d'azione ideate e girate con intelligenza, un perfetto taglio epico e alcune sequenze memorabili (lo scontro di Cesare con il carceriere nel ricovero, la corsa delle scimmie sugli alberi del viale, la fuga sul Golden Gate).
Impressionante la resa delle scimmie digitali, con il veterano Andy Serkis che "interpreta" Cesare. La sua performance è talmente convincente che offusca quella del legnoso James Franco (e della bella statuina Freida Pinto) e vale da sola il biglietto.
Il film prepara ai sequel, introducendo ­– con discrezione – il tema dell'epidemia tra gli umani e quello degli astronauti dispersi nello spazio durante la missione su Marte. Alla prossima puntata.

Rise of the planet of the apes (USA, 2011)
Un film di Rupert Wyatt.
Con James Franco, John Lithgow, Freida Pinto, Andy Serkis, Brian Cox, Tom Felton
Durata 105 min.

domenica 25 settembre 2011

Lavori in pelle



Un chirurgo estetico (Robert Ledgard / Antonio Banderas) molto inventivo si vendica in modo originale di chi ha causato la morte della figlia.
Chi ha trovato il film precedente un esercizio di stile un po' sterile, apprezzerà ancor meno quest'ultima pellicola di Almodóvar.
È difficile dar torto a questi critici, perché in La pelle che abito il gioco estetico è ancor più evidente e fine a se stesso. La storia spesso sembra rieccheggiare quei simpatici film con Vincent Price nel ruolo del folle dottore vendicativo, ma i risvolti della trama – un passo oltre il grottesco – non aiutano ad appassionarsi alle vicende di personaggi sempre al limite della credibilità. E alla fine ci si chiede qual è il succo di quest'opera, piena di riferimenti all'arte visiva (dichiarato l'omaggio alle opere di Louise Bourgeois con l'esplicito parallelo tra le sue sculture e la creazione di un corpo nuovo), al mito di Frankenstein, al cinema almodovariano del passato, visivamente curata e stimolante, ma decisamente fredda e costruita a tavolino con precisione… chirurgica. La mutazione del personaggio centrale – carnefice involontario e vittima della follia del dottore Ledgard –, forse l'unico tema di un certo interesse nel film, è irrisolta, lacunosa, per non parlare del finale piuttosto frettoloso e discutibile. Un film bello da vedere ma poco emozionante.

La piel que habito (Spagna, 2011)
Un film di Pedro Almodóvar.
Con Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Jan Cornet, Roberto Álamo
Durata 120 min.

martedì 20 settembre 2011

Il cavaliere senza nome



Un autista di rapine e stuntman part-time incontra Irene, una giovane madre, sua vicina di casa. Il marito di lei, uscito di galera, è nei guai. Lo aiuterà, ma tutto andrà storto. Seguirà una grande spirale di violenza con finale aperto.
L'Autista senza nome è un cavaliere (con lo stemma dello scorpione) che aiuta la donzella in difficoltà. Gentile e di poche parole quanto freddo e letale, farà di tutto per proteggere Irene, con cui intreccia un rapporto platonico.
Il regista (premiato a Cannes 2011) firma un personale crime movie, dall'aspetto anni Ottanta (a partire dalla colonna sonora dalle sonorità so eighties), un po' Vivere e morire a Los Angeles di Friedkin, un po' Abel Ferrara d'annata (ma scritto meglio) e con una spruzzata di Old Boy di Chan-wook Park.
Drive è decisamente un film bifronte come il protagonista. Infatti alterna sequenze lente, dialoghi muti, morbidi ralenty a scoppi di violenza iperralista e piuttosto pulp. E quello che lascia all'immaginazione dello spettatore è peggio di quel che mostra.
Le strade di Los Angeles (splendidamente fotografata da Newton Thomas Sigel) fanno da sfondo alle imprese dell'Autista. La città è piena di scorci perfetti per questo genere di film, anche se alcune location sono un po' troppo logore (la corsa nel letto di cemento del fiume al centro della città potevano risparmiarcela).
Buona prova d'attore della stella nascente Ryan Gosling, che dà corpo ad un personaggio dimesso e controllato, con imprevedibili scatti di feroce (ma giustificata) violenza. Emblematica in questo senso la scena dell'ascensore per la magistrale miscela di tenerezza e brutalità.
Drive è un interessante e riuscito mix tra cinema d'autore (europeo, come direbbe il produttore mafioso nel film) e cinema di genere, e potrebbe diventare un piccolo cult.
Da vedere. Le ragazze dallo stomaco debole girino al largo (e ripieghino su Crazy Stupid Love, sempre con Ryan Gosling).

Drive (USA, 2011)
Un film di Nicolas Winding Refn.
Con Ryan Gosling, Bryan Cranston, Carey Mulligan, Albert Brooks, Oscar Isaac.
Durata 95 min.

Visto in anteprima grazie a Bora.La

domenica 18 settembre 2011

Ah, l'amore!



Di tanto in tanto, confuse tra le varie scemenze estive, escono delle commedie decenti, che non sono state realizzate per un pubblico di lobotomizzati. Poi, ovviamente, l'esercente di turno le mette in programmazione nella sala grande come il mio soggiorno, perché nell'altra ci sono i Puffi in 3D – che già a vedere il trailer uno darebbe fuoco al cinema…
Crazy Stupid Love* è un intelligente film corale che parla dell'amore e delle sue follie, intrecciando le vite di vari personaggi, tutti legati tra loro. C'è la coppia in crisi, il figlio di questa cotto della baby-sitter, il don giovanni e la fanciulla che non cede al suo corteggiamento e così via.
Il film, che inizia e si sviluppa in maniera originale, sbanda un po' nello zuccheroso verso il finale (il catartico discorso strappalacrime è un passaggio obbligato in questo genere di film), ma resta sopra la media per precisione della scrittura, battute e bravura degli interpreti (irresistibili i duetti tra Steve Carrel e Ryan Gosling).
L'amore è folle, stupido o fa schifo – come dice l'amareggiato tredicenne innamorato senza speranza della giovane baby-sitter – e a tutte le età induce a comportamenti piuttosto bizzarri. Ma alla fine, tra scaramucce amorose, equivoci, frizzanti colpi di scena, ogni storia avrà la sua degna (e provvisoria) conclusione. Ed è giusto così, perché in fondo di commedia si tratta e bisogna pur uscir di sala col buonumore.
Il pubblico femminile lo apprezzerà molto.

*Per fortuna la distribuzione italiana ha lasciato invariato il calzante titolo. Il precedente film dei due registi, il curioso "I Love You Phillip Morris" è stato tradotto con "Colpo di fulmine - Il mago della truffa" e presentato nei trailer italiani come un film scemotto con Jim Carrey, ma era ben altra cosa.

Crazy stupid love (USA, 2011)
Un film di John Requa, Glenn Ficarra.
Con Steve Carell, Julianne Moore, Emma Stone, John Carroll Lynch, Marisa Tomei.
Durata 118 min.

sabato 10 settembre 2011

ET spacca tutto



Ohio, 1979. Un gruppo di ragazzini sta girando un filmino di zombie quando si trova al centro di un insolito disastro ferroviario. Sul posto piombano i militari, la zona diventa off-limits e in città cominciano accadere cose davvero strane.
Immaginate che ET sia stato preso dai militari (cattivi) e segregato per anni, vittima di atroci esperimenti. Poi, un bel giorno, riesce a scappare. Solo che questo ET è grande, grosso e incazzato con il mondo intero.
J.J. Abrams crea una furba variante dell'alieno che vuol tornare a casa, un alieno mostruoso ma in fondo non tanto cattivo, perché anche in questo film i veri mostri sono gli uomini. Astutamente, ce lo fa vedere molto poco, facendolo apparire molto in là nel film (lezione imparata da Lo squalo di Spielberg) e l'unico suo intenso primo piano lo troviamo nella scena più "umanista" del film nel pre-finale.
Ma il cuore caldo e pulsante del film è l'amore per il cinema, parte integrante della trama, con il gruppetto di ragazzini capitanato dal cinefilo Charles e il suo filmino di zombie (imperdibile, lo si vede nei titoli di coda), ma anche meravigliosamente dichiarato da J.J. Abrams. Perciò grande spettacolarità nelle scene catastrofiche e d'azione ma pure una attenta resa dei personaggi e delle loro psicologie. Gli omaggi al cinema di Spielberg si sprecano e l'atmosfera generale di Super 8 è debitrice di molti film girati o prodotti da lui (che, del resto, produce pure questo), tanto che pure l'abituale compositore di Abrams, Michael Giacchino, tesse una colonna sonora "alla John Williams" (rinunciando quasi del tutto ai suoi caratteristici angosciosi glissati di archi dissonanti stile Lost).
Cast giovanissimo azzeccato, con una folgorante Elle Fanning che buca lo schermo da vera star. Un film decisamente vintage e godibilissimo, adatto anche a chi non ama le cervellotiche trame di Lost o Fringe.

Super 8 (USA, 2011)
Un film di J.J. Abrams.
Con Kyle Chandler, Elle Fanning, Joel Courtney, Gabriel Basso, Noah Emmerich.
Durata 112 min.