Walt Disney vuole realizzare Mary Poppins da vent'anni ma P. L. Travers, l'autrice dei romanzi, è restia a cederne i diritti. Il film narra il soggiorno californiano della scrittrice durante il quale il vecchio Walt cercherà di convincerla una volta per sempre. Impresa ardua, ma sappiamo tutti chi ha vinto.
Il film mette in scena lo scontro tra due mondi che non si comprendono. La Travers è una zitella acida e indisponente sino alla sgradevolezza, seriosa, pignola e testarda, mentre Disney si presenta come il tipico tycoon hollywoodiano, ottimista e fatuo come i suoi cartoni animati, ricco e megalomane, fermamente convinto che "se puoi sognarlo puoi farlo". Ma la vera protagonista del film è l'autrice della tata più famosa del mondo. Il suo complesso rapporto con il padre alcolista e la sua infelice infanzia in Australia, è il vero nocciolo del film. La venerazione per un genitore deludente – che vediamo in una serie di flashback – segnerà per sempre la sua vita di donna, che tenterà di superare dolori e sensi di colpa, rifacendosi una famiglia immaginaria nei romanzi di Mary Poppins. Per questo motivo è così restia a mettere nelle mani di estranei (che disprezza) la sua creatura. L'accordo arriverà solo dopo che Disney confesserà alla scrittrice il suo conflittuale rapporto con il padre-padrone, facendole comprendere che entrambi, in modi diversi, vogliono salvare il Mr. Banks di Mary Poppins, proiezione dei loro ingombranti padri.
Il film è piacevole ma d'impianto piuttosto tradizionale. Il ritratto, appena schizzato, della scrittrice è reso vivo e credibile dall'ottima interpretazione di Emma Thompson, vero motivo d'interesse della pellicola. Il Walt Disney di Tom Hanks appare ancora più abbozzato, e l'attore sembra quasi limitarsi al ruolo di spalla della brava attrice inglese. Comprimari di lusso (Colin Farell è il babbo alcolista, Paul Giamatti l'autista paziente, mentre Rachel Griffiths è imperdibile come "vera" Mary Poppins) e confezione perfetta ne fanno un film impeccabile, ma forse troppo. La colonna sonora, che saccheggia ampiamente lo score originale di Mary Poppins, è inspiegabilmente l'unica nomination all'Oscar ricevuta dal film.
Saving Mr. Banks (USA 2013)
Un film di John Lee Hancock.
Con Tom Hanks, Emma Thompson, Colin Farrell, Paul Giamatti, Jason Schwartzman, Ruth Wilson, Rachel Griffiths.
Durata 120 min.
martedì 25 febbraio 2014
sabato 15 febbraio 2014
Salva l'arte...
Le avventure della speciale squadra dell'esercito americano che ha il compito di salvare le opere d'arte razziate dai nazisti in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nonostante il tema originale e un cast di ottimo livello, il film di Clooney risulta piatto, sfilacciato e intermittente. La trama si disperde in vari episodi, alternando gag leggere a momenti drammatici, pistolotti retorici a qualche rara buona idea. La sceneggiatura non aiuta il notevole gruppo di star, tra le quali si fa notare per bravura il solito Bill Murray (si veda la scena della doccia), mentre gli altri sembrano servire solo ad attirare il pubblico.
L'impianto è tradizionale, la regia rimanda ai film di guerra del passato, ma manca di verve e inventiva. E in certe sequenze (come quella del nazista imboscato in campagna) ci si chiede cosa avrebbe combinato Tarantino. Invece il tono è sempre così trattenuto che il film sembra non partire mai veramente.
La tematica trattata è interessante e meritava più impegno. Soprattutto andava risolto meglio il contrasto tra gli orrori delle guerra e la volontà di preservare i capolavori come antidoto alla barbarie. E la risposta alla domanda se vale più la vita di un uomo o una scultura di Michelangelo viene data in modo troppo sbrigativo e superficiale. Meglio recuperare The Rape of Europa, un bel documentario del 2006 che racconta in maniera più avvincente le stesse vicende che hanno ispirato il film.
Monuments men (The Monuments Men, USA / Germania, 2014)
Un film di George Clooney.
Con George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin.
Durata 118 min.
Nonostante il tema originale e un cast di ottimo livello, il film di Clooney risulta piatto, sfilacciato e intermittente. La trama si disperde in vari episodi, alternando gag leggere a momenti drammatici, pistolotti retorici a qualche rara buona idea. La sceneggiatura non aiuta il notevole gruppo di star, tra le quali si fa notare per bravura il solito Bill Murray (si veda la scena della doccia), mentre gli altri sembrano servire solo ad attirare il pubblico.
L'impianto è tradizionale, la regia rimanda ai film di guerra del passato, ma manca di verve e inventiva. E in certe sequenze (come quella del nazista imboscato in campagna) ci si chiede cosa avrebbe combinato Tarantino. Invece il tono è sempre così trattenuto che il film sembra non partire mai veramente.
La tematica trattata è interessante e meritava più impegno. Soprattutto andava risolto meglio il contrasto tra gli orrori delle guerra e la volontà di preservare i capolavori come antidoto alla barbarie. E la risposta alla domanda se vale più la vita di un uomo o una scultura di Michelangelo viene data in modo troppo sbrigativo e superficiale. Meglio recuperare The Rape of Europa, un bel documentario del 2006 che racconta in maniera più avvincente le stesse vicende che hanno ispirato il film.
Monuments men (The Monuments Men, USA / Germania, 2014)
Un film di George Clooney.
Con George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin.
Durata 118 min.
domenica 9 febbraio 2014
Bad medicine
Ron Woodroof è uno sciupafemmine macho e omofobo che scopre di avere l'AIDS a metà degli anni Ottanta. Gli danno un mese di vita, lui non la prende bene, ma poi si darà molto da fare per salvarsi la pelle.
Il film affronta il tema dell'AIDS con il piglio ruvido del cinema indipendente, lontano miglia da Philadelpia, che ugualmente trattava i pregiudizi sulla malattia ai suoi albori. Ma qui il protagonista è un etero sgradevole e rude che, per ironia della sorte, si trova a combattere "una malattia da froci".
La pellicola di Vallée mette in scena senza facili sentimentalismi la drammatica parabola di Woodroof, che proprio a causa di questo male cambierà radicalmente atteggiamento verso la malattia e gli omosessuali. Egli arriva persino ad associarsi con un trans per mettere in piedi un gruppo di acquisto di medicine alternative al letale AZT, unico farmaco contro la malattia (in fase di sperimentazione) e approvato dalla FDA. Il nocciolo del film è la lotta di questo Davide morente contro la potente lobby di Big Pharma, che per puro profitto vuol spingere come unica cura quella (costosa) con il suo farmaco dai terribili effetti collaterali. Così Woodroof si trasforma in uno spacciatore di medicine al limite della legalità, ma ben più efficaci di quelle autorizzate, scatenando contro il suo gruppo la persecuzione di qualsiasi autorità federale. In questo senso il film si colloca nel solco delle pellicole socialmente impegnate stile Erin Brockovich, con l'outsider solo ma determinato in lotta contro le indecenti storture del Sistema.
Il film, dignitoso ma non superlativo, ha qualche buona idea di regia (come la dissacrante preghiera laica di Woodroof nello strip bar), ma la sua visione è giustificata dalle intense e convincenti interpretazioni – soprattutto dal punto di vista fisico – di un irriconoscibile Matthew McConaughey e del redivivo Jared Leto, già vincitori entrambi di numerosi premi e candidati all'Oscar.
Dallas Buyers Club (USA, 2013)
Un film di Jean-Marc Vallée.
Con Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Denis O'Hare, Steve Zahn.
Durata 117 min.
Il film affronta il tema dell'AIDS con il piglio ruvido del cinema indipendente, lontano miglia da Philadelpia, che ugualmente trattava i pregiudizi sulla malattia ai suoi albori. Ma qui il protagonista è un etero sgradevole e rude che, per ironia della sorte, si trova a combattere "una malattia da froci".
La pellicola di Vallée mette in scena senza facili sentimentalismi la drammatica parabola di Woodroof, che proprio a causa di questo male cambierà radicalmente atteggiamento verso la malattia e gli omosessuali. Egli arriva persino ad associarsi con un trans per mettere in piedi un gruppo di acquisto di medicine alternative al letale AZT, unico farmaco contro la malattia (in fase di sperimentazione) e approvato dalla FDA. Il nocciolo del film è la lotta di questo Davide morente contro la potente lobby di Big Pharma, che per puro profitto vuol spingere come unica cura quella (costosa) con il suo farmaco dai terribili effetti collaterali. Così Woodroof si trasforma in uno spacciatore di medicine al limite della legalità, ma ben più efficaci di quelle autorizzate, scatenando contro il suo gruppo la persecuzione di qualsiasi autorità federale. In questo senso il film si colloca nel solco delle pellicole socialmente impegnate stile Erin Brockovich, con l'outsider solo ma determinato in lotta contro le indecenti storture del Sistema.
Il film, dignitoso ma non superlativo, ha qualche buona idea di regia (come la dissacrante preghiera laica di Woodroof nello strip bar), ma la sua visione è giustificata dalle intense e convincenti interpretazioni – soprattutto dal punto di vista fisico – di un irriconoscibile Matthew McConaughey e del redivivo Jared Leto, già vincitori entrambi di numerosi premi e candidati all'Oscar.
Dallas Buyers Club (USA, 2013)
Un film di Jean-Marc Vallée.
Con Matthew McConaughey, Jared Leto, Jennifer Garner, Denis O'Hare, Steve Zahn.
Durata 117 min.
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