domenica 6 febbraio 2011

La parola ritrovata



Inghilterra, anni Trenta. Dopo l'abdicazione di Edoardo VIII (che rinuncia al trono per sposare con grande scandalo Wallis Simpson, donna divorziata americana), sale al trono il fratello Albert con il nome di Giorgio VI. C'è solo un problema: è affetto da una balbuzie nervosa che gli impedisce di parlare in pubblico. Le cose si complicano quando l'Inghilterra scende in guerra contro il Terzo Reich, che ha un'oratore da brivido come Herr Hitler. Sua Maestà verrà aiutato da Lionel Logue, un anti-convenzionale logopedista australiano.
Il film sembra proprio una macchina da Oscar™: una piccola grande storia (vera), una sceneggiatura millimetrica, un'ambientazione curata e una manciata di attori strepitosi. Tutto si gioca sull'incontro-scontro tra due caratteri diversi, per stato sociale e indole, il complessato re suo malgrado e l'anticonformista e istrionico "uomo comune" che lo curerà. Perfettamente calati nei due ruoli Colin Firth – in una delle sue migliori interpretazioni di sempre - e Geoffrey Rush. L'origine della balbuzie ha radici nell'infanzia e nella mortificante educazione di corte che su Albert sembra aver avuto lo stesso effetto dei traumi di guerra sui reduci della Prima Guerra Mondiale, curati in Australia da Logue. Scardinate le convenzioni sociali e abbattuto il muro di solitudine che sembra imprigionare il sovrano, l'abile australiano riuscirà ad arrivare all'animo dell'umanissimo re, aiutandolo a sconfiggere il nemico più grande: la paura.
Il regista scommette di catturare il pubblico con un film biografico dall'impianto tradizionale, incentrato sulla parola e la sua assenza. Ed esso cresce sequenza dopo sequenza, deflagrando trionfalmente alla fine in un epico discorso radiofonico – una delle cose meno cinematografiche che si possano immaginare – vincendo alla grande la sfida.
Quasi a fare da contraltare ad una struttura narrativa piuttosto convenzionale, c'è uno stile visivo di grande impatto, con un bel uso di grandangoli e di inquadrature fortemente scorciate (con la macchina da presa seppellita nel pavimento stile Orson Welles in Quarto potere) e l'obiettivo spesso addosso agli attori. Insomma un film perfetto, anche troppo, e questo è l'unico difetto. Certo, 12 candidature agli Oscar™ forse sono troppe, ma un paio sono sicuramente meritate. Ad una settimana dall'uscita la sala era ancora incredibilmente gremita: è scattato il passaparola e questo vuol dire pur qualcosa. Forse può sembrare un film per signore, ma lo consiglio a tutti.

The King's Speech (Gran Bretagna, Australia, 2010)
Un film di Tom Hooper.
Con Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Jennifer Ehle.
Durata 111 min.

Nessun commento:

Posta un commento