martedì 30 ottobre 2012

Povera patria

Michele Spagnolo (un Michele Placido in ottima forma) è un potente esponente del centrodestra, che dopo un ictus si ritrova a dire sempre la verità, con conseguenze catastrofiche per la sua carriera politica ma benefiche per i suoi tre (raccomandatissimi) figli.
La seconda pellicola dell'ottimo Massimiliano Bruno (bravo autore teatrale, sceneggiatore nonché indimenticato comico becero in Boris) è un ambizioso affresco sull'Italia contemporanea. È un coraggioso tentativo – arduo – di superare con la satira le cronache sul malcostume politico odierno, ormai ben oltre i confini della realtà. Ma per fortuna il regista non si sofferma solo sui facili strali morali e cerca di dare un po' di spessore a questo riuscito film corale, che s'inserisce nel glorioso filone della miglior commedia italiana del passato, capace di far ridere senza smettere di pensare. La pellicola mescola facili gag (come la totale mancanza di controllo del linguaggio di Spagnolo) con momenti di cinema alto: Spagnolo che vaga tra gli scontri di piazza a Roma sulle note stranianti di Italia cantata da Reitano; la sua agghiacciante confessione tra le macerie de L'Aquila. Bruno cerca di veicolare, in mezzo allo sfacelo che ci mostra, un barlume di speranza: cambiare si può ed è, a questo punto, necessario. Il film lo esemplifica con la parabola delle vicende personali dei tre figli di Spagnolo, ma il discorso finale di quest'ultimo investe direttamente anche noi spettatori. Se l'Italia può cambiare (in meglio) dipende solo da noi. Perché un giorno la lettura degli articoli della nostra Costituzione – come appare negli intermezzi del film – non sia più un momento di umorismo amaro e grottesco. Viva l'Italia?

Viva l'Italia (Italia, 2012)
Un film di Massimiliano Bruno.
Con Raoul Bova, Michele Placido, Alessandro Gassman, Rocco Papaleo, Edoardo Leo, Ambra Angiolini, Maurizio Mattioli, Elena Cucci.
Durata: 111 min.

domenica 21 ottobre 2012

Belle statuine

Le vicissitudini di vari personaggi s'intrecciano in una grande città del nord, nell'intento di restituire un affresco dell'Italia contemporanea, tra vite comuni e considerazioni amare sullo stato del Paese.
È un film che ha due anime: quella più realista e intima, narrata con il tono lieve della commedia (gli scorci di vita quotidiana dei protagonisti) e quella più impegnata e pretenziosa dai toni simbolici e didascalici (le statue dei Grandi Italiani che – attonite – commentano sconsolate il degrado morale del nostro Paese). La parte migliore del film è del primo tipo, grazie anche alla presenza di un buon cast (il migliore è Mastandrea), se si sorvola sul gusto di Soldini nel mettere in scena sempre almeno un personaggio stravagante (stavolta quello più strano è l'Amanzio di Battiston). Escludendo gli intermezzi "alti" con le statue, Il comandante e la cicogna è una commedia godibile, a tratti piuttosto divertente, ma appesantita da una volontà di fare cinema impegnato e/o poetico un po' troppo esibita. Il freak Amanzio che parla per citazioni e il ragazzino che fa domande poetiche e nutre una cicogna finiscono per essere artificiosi come le statue parlanti. E l'uso maldestro degli effetti speciali non aiuta (la fintissima corsa in bici, le statue che si animano). Siamo lontani dalla freschezza briosa e un po' lunare di Pane e tulipani (la sua commedia più fortunata), ma anche dal rigore minimale di Cosa voglio di più (il suo più recente film drammatico). L'Italia odierna viene raccontata meglio altrove (vedi, ad esempio, Reality).

Il comandante e la cicogna (Italia, Svizzera, Francia, 2012)
Un film di Silvio Soldini.
Con Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini, Luca Zingaretti.
Durata 108 min. - Italia, Svizzera, Francia 2012

martedì 9 ottobre 2012

Neoreality


Il cinema neorealista prendeva gli attori dalla strada per raccontare l'Italia che usciva dalla guerra e da venti anni di fascismo. Reality, per narrare una nazione sotto le macerie di vent'anni di berlusconismo, il suo protagonista (straordinario) lo trova in galera. Quale migliore metafora per narrare la triste parabola del nostro Paese?
Il pescivendolo Luciano, spinto dalla famiglia, fa un provino per il Grande Fratello. Da quel momento non sarà più lo stesso, scivolando in una sorta di Truman Show al contrario.
Matteo Garrone narra in modo magistrale la discesa nella follia di un poveraccio napoletano, attratto dalle sirene della facile celebrità televisiva, che, una volta fallito il suo sogno di partecipare al reality, decide di viverlo a tutti i  costi. 
Il regista pedina i suoi personaggi tra sfarzosi matrimoni di cattivo gusto e fatiscenti sovraffollati appartamenti, senza giudicarli mai e senza renderli grotteschi. La messa in scena è sempre accurata (la splendida carrellata aerea d'apertura sulla carrozza, il virtuosistico piano sequenza nella piazzetta della pescheria) e le immagini raccontano di più dei dialoghi, che comunque non suonano mai artefatti, grazie ad un cast di straordinaria freschezza e bravura.
Reality è una boccata d'aria nuova per il nostro cinema e riesce a darci un impietoso ritratto dell'Italia contemporanea dove molti falliscono. Reality è anche una riflessione sull'essere e sull'apparire, su realtà e finzione, un apologo sulla perdita di qualsiasi capacità di costruirsi un futuro sano e duraturo, contrappuntato dalla splendida partitura fiabesca di Desplat (sempre in bilico tra Morricone e Elfman). 
Matteo Garrone fa ben sperare per le sorti del moribondo cinema italiano. Gran Premio della Giuria all'ultimo Festival di Cannes. Da vedere (al cinema ovviamente).

Reality (Italia, 2012)
Un film di Matteo Garrone. 
Con Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Graziella Marina, Nello Iorio. Durata 115 min.