martedì 29 dicembre 2009

Super Sherlock & Iper Holmes


Ipercinetico e frizzante, il film di Guy Ritchie ci restituisce uno Sherlock Holmes tutto genio e sregolatezza: non a caso lo interpreta quel maramaldo di Robert Downey Jr., che è piuttosto ferrato in materia (soprattutto di sregolatezza). Il film è girato con uno stile che vuol essere alla moda (fa tanto primo decennio del Terzo Millenio), con fotografia desaturata, montaggio forsennato, rallenty ad effetto, macchina da presa svolazzante, ma senza né gli eccessi né i guizzi di regia delle cose migliori di questo regista alterno.
I personaggi di Conan Doyle sono riveduti e corretti secondo i gusti contemporanei: per esempio, il grande talento deduttivo di Holmes viene qui abilmente integrato nelle scene di lotta, e lui sembra uscito da un film di arti marziali. L'amico medico Watson (voce narrante nei romanzi di Doyle) è una degna spalla tosta e combattiva. Il rapporto tra i due – come mi ha fatto notare mia moglie – assomiglia in modo sospetto a quello tra il Dr. House e l'amico Wilson, soprattutto per come Holmes cerchi di sabotare il fidanzamento di Watson. Del resto il metodo deduttivo di Holmes è parente stretto della diagnosi medica e Holmes come il Dr. House sembra respingere donne ed emozioni per immolarsi sull'altare della fredda logica. Le similitudini tra i due personaggi non finiscono qui e vi invito per gioco a trovarne delle altre…
Battute brillanti, grandi scene d'azione, Downey Jr. in gran spolvero (apprezzatissimo dalle mie accompagnatrici), un cattivo dal look vampiresco, una Londra ottocentesca affumicata, sordida e "steampunk"* (come ci si aspetta in un film del 2009): insomma due ore abbondanti di puro intrattenimento per grandi e piccini.
Occhio al finale che prepara un probabile sequel con l'antagonista storico di Holmes, il Professor Moriarty (interpretato – si dice – da Brad Pitt).

Sherlock Holmes (USA / Gran Bretagna / Australia 2009)
Un film di Guy Ritchie.
Con Robert Downey Jr., Jude Law, Rachel McAdams, Mark Strong, Kelly Reilly.
Durata 128 min.
* Lo steampunk è un filone della narrativa fantastica-fantascientifica che introduce una tecnologia anacronistica all'interno di un'ambientazione storica, spesso l'Ottocento e in particolare la Londra vittoriana tanto cara a Conan Doyle e H. G. Wells. (Wikipedia)

sabato 21 novembre 2009

Il mondo capovolto


Questa volta parlo di un film che non troverete nelle sale. E' un film da festival, recuperato al Miela all'interno della rassegna "Nollywood - I migliori film pop africani", organizzata nell'ambito di "S/Paesati".
E' un film di fantascienza "sociopolitica" che arriva dall'Africa.
Il suo grande pregio è affrontare il tema dell'immigrazione con un'idea semplice quanto efficace: rovesciando i ruoli. In "Africa Paradis" s'immagina il continente africano unificato e prospero, meta di milioni di migranti disperati in fuga da un'Europa devastata dalla guerra e dalla depressione economica. Mettendo in bocca al politico africano nazionalista le frasi del Bossi di turno, diventa evidente il razzismo insito in certi discorsi. Scegliendo di mostrare le disavventure di una giovane coppia di clandestini parigini (bianchi come noi), rende ben chiare le ingiustizie che subisce chi fugge dal suo Paese in cerca di sopravvivenza. Per questa sua valenza didattica il film andrebbe proiettato nelle scuole e nelle sedi della Lega Nord. Peccato che questo sia il suo unico pregio. Girato in economia (in Senegal), patisce una messa in scena povera, una trama prevedibile in alcuni suoi sviluppi, uno stile televisivo e un montaggio un po' raffazzonato. Forse questo soggetto – così originale e di attualità – meritava di essere svolto con mezzi economici e artistici più adeguati.
L'attore parigino di origine congolese Eriq Ebouaney , unica "star" del film, interpreta efficacemente il politicante razzista, un perfetto ruolo da "villain" che gli si addice. Il regista Sylvestre Amoussou, nonché sceneggiatore e attore (è il politico progressista Koudossou) vive in Francia da vent'anni e questo è il suo primo lungometraggio. "Africa Paradis" è stato premiato al 27° Festival del Cinema Africano di Verona nel 2007.

Africa Paradis
(Benin/Francia, 2007)
di Sylvestre Amoussou,
Con Stéphane Roux, Eriq Ebouaney , Sylvestre Amoussou, Charlotte Vermeil , Sandrine Bulteau
Durata: 86 min.

domenica 15 novembre 2009

Il senso di Pedro per il cinema


Almodóvar o il piacere di fare cinema. Di cosa parla "Gli abbracci spezzati"? A prima vista sembra un melodramma pieno di personaggi reticenti, doppie identità, tradimenti, segreti e amori tormentati: un regista cieco, un finanziere ricco e potente, una donna contesa sono il nucleo di un film pieno di false piste e (apparenti) divagazioni narrative. Ma alla fine si comprende che sono solo pretesti per fare del cinema. Infatti appare chiaro che tutta la trama ruota attorno all'ultimo film girato dal regista Mateo Blanco, prima dell'incidente che lo renderà cieco. E' una commedia con protagonista Lena (una folgorante Penelope Cruz), donna di Ernesto Martel (il possessivo finanziere produttore del film) e amante del regista. Tutti i misteri che scopriamo un po' alla volta riguardano queste riprese sino al tragico epilogo. Perché Lena muore due volte, prima nell'incidente stradale che rende cieco il regista, e poi come attrice nel film, massacrato al montaggio da Martel, folle di gelosia.
Ma finire un film sembra la cosa più importante. Lena arriva quasi al martirio pur di terminare le riprese. Judit, la direttrice di produzione che tradisce il regista permettendo lo scempio della pellicola, vivrà per il resto della sua vita questa colpa peggio di un delitto. Perché il film è più importante della vita stessa. E come dice Mateo Blanco nell'ultima battuta: "Un film va sempre finito, magari alla cieca"
Meno stravagante del solito, o meglio, più maturo, Almodóvar firma un film personalissimo, con attori perfetti, una messa in scena come sempre molto curata e mai scontata (occhio ai quadri sparsi nel film), e una serie di sequenze memorabili (splendida quella di apertura e da manuale quella in cui ci mostra come nasce il soggetto per un film sui vampiri!). Un atto d'amore verso l'arte di narrare con le immagini.

Los Abrazos Rotos (Spagna, 2009)
Un film di Pedro Almodóvar.
Con Penelope Cruz, Lluís Homar, Blanca Portillo, José Luis Gómez, Rubén Ochandiano
Durata 129 min.

giovedì 12 novembre 2009

Un belato vi seppelirà


Scordatevi "Three Kings" , forse il più riuscito film sulla Guerra del Golfo, con il quale l'unico punto di contatto è il buon George Clooney. Qui siamo nell'Iraq del 2003, ma il bersaglio della raffinata satira – in salsa zen – del film non è tanto la guerra e l'idiozia insita negli eserciti, quanto certe cialtronate new age tanto di moda in America. L'idea geniale è quella di mescolare il rude training militare con tali cialtronate. Le gag sono fulminanti e si ride spesso, ma la satira forse non graffia come dovrebbe. La guerra non si vede, a parte uno scontro tra milizie private, ed è la stoccata migliore all'insensata avventura irakena di Bush Jr.
Nel film si narra di un battaglione di super soldati (i Cavalieri Jedi!) dai poteri paranormali in grado di leggere il pensiero, passare attraverso i muri, localizzare persone e altre amenità simili. Almeno questo è ciò che racconta Lyn Cassady (George Clooney) all'attonito giornalista Bob Wilton (Ewan McGregor) in cerca dello scoop della sua vita. E' talmente improbabile che potrebbe essere vero. O almeno che qualcuno nell'esercito USA ci abbia pensato veramente.
Ma l'utopia di un esercito "hippy" (creato da un veterano del Viet-Nam, uno strepitoso Jeff Bridges) che prevenga le guerre finisce presto in vacca... anzi in capra. Infatti l'inutile morte dell'animale, per dimostrare i poteri mentali dei super soldati, porta gli "Jedi" al lato oscuro della forza.
E forse il film parla proprio di questo: la perdita dell'innocenza e delle energie positive dell'America e il suo passaggio al lato oscuro. Alla fine c'è una voglia di riscatto, una volontà di guardare ad un futuro migliore.
Clooney è a suo agio nel ruolo dello scombiccherato super soldato, Jeff Bridges è più sballato del grande Lebowsky, Kevin Spacey carogna come da copione, Ewan McGregor è il ragazzo biondo che sta su un pianeta deserto, ignorando il destino che lo attende... o questo era un altro film?

The Men Who Stare At Goats (USA, GB, 2009)
Un film di Grant Heslov.
Con George Clooney, Ewan McGregor, Jeff Bridges, Kevin Spacey, Stephen Lang.
Durata 93 min.

martedì 10 novembre 2009

Dillinger è morto



Ultimo anno di vita, rapine e amore di John Dillinger, gangster gentiluomo. Michael Mann gira in digitale, braccando i suoi personaggi con la macchina a mano, portando lo spettatore dentro l'azione, immergendolo in violente sparatorie – e nessuno meglio di lui sa girare bene una sparatoria – in un America disperata dalle scenografie hopperiane. Certamente fa strano vedere gli anni Trenta con questo stile visivo, che a volte sembra un reportage tv.
La lotta tra banditi feroci e polizia brutale è senza quartiere. Ma gli americani stanno con Dillinger, spietato con le banche ma generoso con la gente tra cui si nasconde. Più che al Bureau of Investigation (la futura FBI), dell'ambizioso e diabolico J. Edgar Hoover, il film suggerisce che è anche alla mala organizzata che si deve la cattura di Dillinger, scaricato dal "sindacato" perché diventato scomodo con le sue azioni ribalde.
Interessante la fotografia "naturale" di Dante Spinotti, ricercata e "sporca", come ben si vede nei notturni mai stati così "veri". John Depp recita più trattenuto del suo solito, Christian Bale è preciso come sempre (ma com'è serio 'sto ragazzo, vorrei vederlo sorridere in un film almeno un po'), Marion Cotillard dà vita ad una pupa del gangster dolce e forte, sognatrice e disillusa.

Public Enemies (USA, 2009)
Un film di Michael Mann
Con Johnny Depp, Christian Bale, Marion Cotillard, Billy Crudup, Stephen Dorff, Stephen Lang, Channing Tatum, Leelee Sobieski, Emilie de Ravin, Giovanni Ribisi, David Wenham, Rory Cochrane, Lili Taylor, Carey Mulligan, John Ortiz, James Russo, Christian Stolte, Jason Clarke, John Judd, Michael Vieau, Wesley Walker, Branka Katic.
Durata: 143 min.

giovedì 5 novembre 2009

Tristi mostri



Max è un bambino trascurato dalla madre divorziata e dalla sorella ormai più interessata ai compagni di classe, reagisce in modo rabbioso e "selvaggio". Dopo l'ultimo scontro con la madre, scappa di casa, ruba una barchetta e approda su un isola abitata da grosse creature pelose dall'aria triste e dal comportamento infantile. Qui Max darà sfogo alla sua natura selvaggia insieme ai suoi nuovi amici.
Spike Jonze passa con grande naturalezza dalla cornice reale al nucleo fantastico. L'isola che accoglie Max sembra il prodotto della sua mente immaginifica, ma ci appare piuttosto deprimente: un paesaggio ostile, con coste rocciose e taglienti, boschi invernali, aridi deserti e su tutto aleggia un clima cupo e freddo. Anche Carol, la creatura selvaggia con cui fa amicizia, pare proprio una sua proiezione, vista l'incapacità di stabilire una relazione con chi ama.
Film curioso, che parla della creatura selvaggia che da bambino ognuno di noi è stato. Per una buona metà della durata mette coraggiosamente in scena i giochi insensati e pieni di fantasia dei bambini, ma che gli adulti potrebbero trovare alla lunga noiosi.
Interessante il design delle creature – pupazzi giganti figli dei muppet, ma con visi espressivi grazie alla computer grafica – e bella colonna sonora. Un film molto particolare, delicato, poetico, originale ma forse non per tutti. Accostarsi con cautela.

Where the Wild Things Are (USA, 2009)
Un film di Spike Jonze. Con Max Records, Catherine Keener, Mark Ruffalo, Lauren Ambrose, Chris Cooper,
James Gandolfini, Catherine O'Hara, Forest Whitaker, Paul Dano, Michael Berry Jr, Robby D. Bruce, Steve Mouzakis, Tom Noonan, Alice Parkinson
Durata 101 min.

giovedì 29 ottobre 2009

L'irrefrenabile immaginario del signor Gilliam



Con Terry Gilliam il termine "regista visionario" trova un senso. Ma il pubblico che è accorso solo per vedere la salma del compianto Heath Ledger lo seguirà nelle sue scorribande ai confini dell'immaginazione? Spero che almeno qualcuno vada poi a recuperarsi gli altri film di questo straordinario autore.
"Parnassus" è un film disegnato più che scritto. E' pieno zeppo di sequenze bellissime, ha costumi splendidi, attori con le facce giuste e tutte le cianfrusaglie care al nostro regista. Le immagini realizzate in computer grafica non hanno pretesa di realismo e sembrano le versioni aggiornate digitalmente dei collages dell'epoca Monty Phyton o delle scenografie teatrali delle "Avventure del Barone di Münchausen".
Il suo punto debole è forse nella trama, che appare più che altro un pretesto per fantastici voli in sequenze surreali di grande impatto visivo. Ma è un difetto non da poco per un film che afferma l'importanza del raccontare delle storie per tenere in piedi l'universo.
Similmente a "Brazil" e al "Le avventure del Barone di Münchausen" (ma anche a "Tideland"), questo film è un monumento al potere salvifico della fantasia. E il millenario Parnassus (interpretato meravigliosamente da Christopher Plummer) non è altri che Terry Gilliam, che, con la sua fervida immaginazione, ci fa entrare in mondi meravigliosi o terribili, e come Don Chisciotte è sempre in lotta contro produttori cialtroni, mega set ingestibili, sfighe catastrofiche. Ora ha dovuto fronteggiare addirittura la morte del primo attore. Insomma, il simpatico diavolo del film (un perfetto Tom Waits) non è niente al confronto alla dura realtà combattuta in questi anni dal regista. Ma a Gilliam se gli danno limoni ne fa una limonata. Così, dopo la morte della star del suo film, invece di chiudere baracca, l'ha finito e adesso si ritrova in sala una pellicola che di star ne ha quattro (Ledger/Depp/Law/Farrell) al prezzo di una!
Sceneggiato dallo stesso Gilliam, con il fido Charles McKeown ("Brazil", "Le avventure del Barone di Münchausen"), e fotografato splendidamente dal nostro Nicola Pecorini, "Parnassus", nel bene e nel male è Gilliam al 200%: chi lo adora probabilmente amerà questo film, e tutti gli altri – quelli che hanno detestato "Brazil", per esempio – girino al largo. Per quanto mi riguarda, le opere di Gilliam sono uno dei motivi per cui vale la pena di vivere.

The Imaginarium of Doctor Parnassus (Francia, Canada 2009)
Un film di Terry Gilliam
Con Heath Ledger, Johnny Depp, Colin Farrell, Jude Law, Christopher Plummer.
Andrew Garfield, Verne Troyer, Lily Cole, Tom Waits, Cassandra Sawtell, Paloma Faith, Carrie Genzel, Michael Eklund, Simon Day, Johnny Harris, Richard Riddell
Durata 122 min

martedì 20 ottobre 2009

La più grande avventura è la vita



E' incredibile come la fucina creativa della Pixar riesca a sfornare ogni anno opere di altissima qualità. Dopo "Wall-e" - un film praticamente muto -, osa ancora e sorprende con le incredibili avventure di un ottuagenario. Nei primi minuti si racconta splendidamente un'intera esistenza e una grande storia d'amore. E si capisce subito che anche stavolta la Pixar è una spanna sopra tutti gli altri: si tratta di Cinema con la maiuscola, altroché intrattenimento per pargoli. Sceneggiatura di ferro, caratteri studiati con precisione millimetrica, personaggi stilizzati quanto basta (niente fastidioso iperrealismo), animazioni superbe, gag irresistibili (i cani parlanti, il duello da star wars della terza età...). Ma soprattutto idee. E' questa forse la differenza più evidente con gli altri cartoni digitali. Non lasciatevi ingannare dal trailer loffio: c'è molto, molto di più in questo film, soprattutto in profondità. "Up" è commovente, esilarante, fantastico. Capolavoro.

"Up" (USA 2009)
Un film di Pete Docter, Bob Peterson.
Animazione - Durata 104 min.

giovedì 15 ottobre 2009

Sesso droga e rock'n'roll



Elliot Theichberg, impacciato bravo ragazzo di campagna con velleità artistiche, si trova per caso – e per incoscienza – al centro dell'organizzazione di un evento epocale: il concerto di Woodstock nell'estate del 1969.
La storia che ci narra Ang Lee è più un romanzo di formazione che la cronaca di un avvenimento storico. Il concerto resta fuori campo, vediamo solo i retroscena organizzativi e la sua caotica "periferia". Il luogo dello spettacolo lo scorgiamo solo un attimo, da lontano, in una "stupefacente" ed emozionante scena, attraverso gli occhi del protagonista, fatto di acido.
Woodstock segna per sempre la vita del protagonista, che scopre la sua omosessualità e un rapporto più profondo con il padre.
Dopo due film "pesanti" come Brokeback Mountain e Lussuria, Ang Lee confeziona una deliziosa commedia dai ritmi lenti e dal sapore dolceamaro. Il film ritrae la fine di un'epoca, la massima espressione dell'utopia hippy, con split screen vintage, una splendida fotografia slavata e un cast perfetto (una citazione meritano l'inarrivabile Imelda Staunton – nel ruolo della terribile madre di Elliot – e un sorprendente Liev Schreiber). Vivamente consigliato.

Taking Woodstock (USA, 2009)
Un film di Ang Lee.
Con Demetri Martin, Dan Fogler, Henry Goodman, Jonathan Groff, Eugene Levy,
Jeffrey Dean Morgan, Imelda Staunton, Paul Dano, Kelli Garner, Mamie Gummer, Emile Hirsch, Liev Schreiber
Durata 121 min.

martedì 6 ottobre 2009

C'era una volta in Giappone...



Finalmente arrivano in sala (e poi in dvd) i film targati Ghibli (il mitico studio di Miyazaki & Takahata) mai visti prima in Italia. Si comincia con "Il mio vicino Tòtoro" del 1988, secondo lungometraggio realizzato dallo studio. Protagoniste della storia sono due sorelline nella magica campagna giapponese degli anni Cinquanta. L'assenza della madre – ricoverata in ospedale – viene surrogata da personaggi fantastici, abitanti dei boschi accanto alla casa, come il delizioso Totòro (divenuto in seguito il logo della Ghibli), molto popolare in patria. Il film è ambiguo nel passaggio tra la realtà e la fantasia, lasciando intendere che i momenti fantastici siano solo dei sogni delle giovani protagoniste.
Tòtoro è un film per bambini, ma nella seconda parte è pervaso da un senso di angoscia insolito per una pellicola del genere.
Grande attenzione per il paesaggio naturale, con splendidi gli sfondi e cura dei dettagli, mentre i personaggi sono meno elaborati di quelli delle sue opere più mature. Imperdibile il "gattobus", insopportabile il doppiaggio italiano delle due sorelle.

Tonari no Totoro (Giappone, 1988)
Regia: Hayao Miyazaki
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Musiche: Joe Hisaishi
Durata: 93 min

C'era una volta in Francia


Si può girare un western pulp ambientato nella Francia occupata dai nazisti? Sì, se sei Tarantino. E sta volta Tarantino c'è tutto. "Bastardi senza gloria" non è un film di guerra, non ce n'è quasi traccia. E' invece proprio un western visto dalla parte degli indiani, con i nazisti invasori che subiscono le azioni di una tribù di ebrei guidata da Aldo "l'Apache". Lo si capisce fin dallo splendido inizio alla Sergio Leone (con omaggi a John Ford), dove presenta lo strepitoso "villain" colonello Landa (Christoph Waltz, giustamente premiato a Cannes), nazista cacciatore di ebrei.
Diviso in capitoli, ma dalla storia più lineare del solito, il film alterna riuscite sequenze di dialoghi – nella migliore tradizione del regista - con scene di violenza inaudita e molto molto pulp (non è un film per signorine), stemperate da un senso dell'umorismo piuttosto nero.
Non manca nel film l'amore appassionato di Tarantino per il cinema tutto, alto e basso, d'autore o di serie zeta, ma omaggi e citazioni sono così ben frullati e amalgamati da diventare qualcosa di nuovo e personalissimo: "Bastardi senza gloria" è cinema allo stato puro e ogni sequenza è girata in modo magistrale.
Coraggiosamente – anche in Italia - il film è parlato in tre lingue diverse. Da noi si perde la gag con Brad Pitt che fa l'italiano (nella versione italiana fa il siciliano, ma non funziona granché).
L'infernale scena nel pre-finale è una delle cose migliori immaginate e girate da Tarantino e non aggiungo altro.
Dopo alcuni sbrodolamenti dei film più recenti (lo stesso Kill Bill), Tarantino si riscatta e ci regala una delle sue opere più riuscite.

Inglourious Basterds (USA, Germania 2009)
Un film di Quentin Tarantino.
Con Brad Pitt, Eli Roth, Michael Fassbender, Christoph Waltz, Diane Kruger.
Durata 160 min.

giovedì 1 ottobre 2009

Amarcord alla siciliana



Nonostante gli apprezzamenti del premier (la sua Medusa ha pagato il conto del set da kolossal), "Baarìa" non è un brutto film. E' un film tendente al nazional-popolare forse, d'impianto tradizionale (quei bei film d'un tempo che piacciono alle nonne), ma si lascia vedere piacevolmente. Tornatore è uno dei pochi registi italiani viventi in grado di pensare in grande e – soprattutto – di girare decentemente quello che ha pensato. E se si sorvola su certi momenti da "bignamino" di storia sicula o su alcuni simbolismi, il film è un riuscito affresco della città natale del regista.
Infatti la narrazione si sfalda in mille rivoli, tanti quanti sono i personaggi – ritratti magari per pochi secondi – e la vera protagonista resta sempre Bagheria. Meno oleografico di Nuovo Cinema Paradiso nel ritrarre la sua terra, questo film ha il tono lieve della commedia, anche davanti alla morte, con alcune virate nel grottesco (l'assessore all'urbanistica cieco!) e un retrogusto amaro per lo scempio causato dall'insensatezza umana ai luoghi dei suoi avi.
La galleria di comparsate all star distrae un po' il pubblico ma gli interpreti principali sono convincenti (come i due giovani esordienti protagonisti e uno straordinario Salvatore Ficarra). Se apprezzate il cinema di Tornatore, il film non vi deluderà, perché non manca nulla del suo consueto armamentario (gusto per il racconto popolare, derive fantastiche, straordinario controllo dei mezzi cinematografici, amore per il cinema del passato...) qui in grande spolvero.

Baarìa (Italia, Francia 2009)
Un film di Giuseppe Tornatore.
Con Francesco Scianna, Margareth Madè, Nicole Grimaudo, Angela Molina, Lina Sastri, Salvatore Ficarra, Valentino Picone, Gaetano Aronica, Alfio Sorbello, Luigi Lo Cascio, Enrico Lo Verso, Nino Frassica, Laura Chiatti, Michele Placido, Vincenzo Salemme, Giorgio Faletti, Corrado Fortuna, Paolo Briguglia, Leo Gullotta, Beppe Fiorello, Luigi Maria Burruano, Franco Scaldati, Aldo Baglio, Monica Bellucci, Donatella Finocchiaro, Marcello Mazzarella, Tony Sperandeo, Gabriele Lavia, Raoul Bova, Elena Russo, Sebastiano Lo Monaco
Durata 150 min.

martedì 29 settembre 2009

Metti l'alieno nel CPT



Film dalle tematiche più che attuali, "District 9" è un bel esempio di fantascienza sociale dalla sceneggiatura intelligente e originale. Immaginate un enorme astronave aliena che si parcheggia sopra una metropoli (qui è Johannesburg in Sudafrica, e non è un caso). Sembra l'inizio di "Independence Day", invece da questo spunto – visto troppe volte al cinema – il film prende tutta un'altra piega. Vent'anni dopo gli alieni sono tutti rinchiusi in un orrendo campo profughi alle porte della città. I governanti decidono di sfrattarli e trasferirli in un altro campo più lontano, perché la popolazione locale è esasperata dalla loro presenza. Non solo belli a vedersi e gli uomini li chiamano spregiativamente "gamberoni".
Girato come un finto reportage (stile "Redacted" di De Palma), con effetti speciali molto realistici, nonostante le riprese apparentemente dal vero (stile "Cloverfield"), il film è un'astuta riflessione sul tema del diverso. Qui gli alieni non sono invasori, sono solo poveri "migranti", e i veri mostri sono gli uomini che li trattano come bestie e li usano per raccapriccianti esperimenti medici in stile Mengele.
Non pensate che sia un film noioso. Invece è girato con un ritmo travolgente, ricco di scene d'azione, e con alcune sequenze disgustosamente sublimi. Finale aperto e inaspettatamente "poetico". Per una serata d'evasione intelligente.
Astenersi leghisti e fautori della Bossi-Fini.

District 9 (USA 2009)
Un film di Neill Blomkamp.
Con Sharlto Copley, David James, Jason Cope, Vanessa Haywood, Marian Hooman.
Durata 112 min

lunedì 28 settembre 2009

Il regista che giocava col fuoco e restava scottato



Secondo capitolo della saga Millennium (da Stig Larsson), il film è firmato da Daniel Alfredson, fratello del regista dell'ottimo "Lasciami entrare" (Tomas Alfredson). Ma scordatevi quel piccolo gioiello: a parte l'ambientazione svedese, una fotografia sgranata e una luce livida non c'è altro che li accomuni.
L'intricatissima trama del libro è semplificata all'essenziale e già così è un casino. A forza di togliere si è perso qualcosa: il contesto sociale in cui si svolge l'azione (c'è del marcio in Svezia), ma soprattutto i rapporti tra i vari (molti) personaggi. Capita così che certi snodi narrativi non sono così chiari a chi non ha letto prima il romanzo. Lungi da me fare il solito sbaglio del raffronto romanzo/film: un film comunque è un'opera autonoma e deve stare in piedi sulle sue gambe, però...
Per esempio, Lisbeth Salander, il personaggio di gran lunga più riuscito di Larsson, sorta di donna-bambina fragile e violenta, geniale e quasi autistica, è una figura, tragica, potente, affascinante, complessa. Solo in parte la brava Noomi Rapace ce la restituisce e non per colpa sua. La psiche contorta di Lisbeth nel romanzo la conosciamo perché ne leggiamo i pensieri, ma nel film non c'è un idea visiva o di regia che ci racconti meglio questo personaggio. Così, spesso, Lisbeth sembra solo una ragazza stramba e lunatica.
Insomma, il primo capitolo (Uomini che odiano le donne) era quasi meglio, con quel suo disturbante catalogo di efferatezze in salsa scandinava (stupro, incesto, omicidio, assassinio seriale, spesso tutto in famiglia).
Questa seconda parte, incentrata sulla figura di Lisbeth e i fantasmi del suo passato, è solo un thriller crudo e teso, girato in modo secco e spesso efficace. Di sicuro è lontano anni luce dalle patinate produzioni hollywoodiane. Peccato che della trilogia di "Millennium" questo era il romanzo migliore e poteva ispirare un film molto più intrigante di quello che ho visto. Il terzo e ultimo capitolo esce in primavera, diretto - ahinoi - ancora da Alfredson. Consiglio un remake in formato serial, ma girato da gente che se ne intende.


"Flickan som lekte med elden" (Svezia 2009)
Un film di Daniel Alfredson.
Con Michael Nyqvist, Noomi Rapace, Per Oscarsson, Lena Endre, Annika Hallin.
Durata 129 min. - VM 14

martedì 23 giugno 2009

Alice in darkland



Mentre Tim Burton è intento a girare la sua "Alice nel Paese delle Meraviglie", Henry Selick (già regista del burtoniano "Nightmare before Christmas") ci regala una moderna Alice dai capelli blu, protagonista di una favola molto dark.
Coraline, ragazzina trascurata dai genitori, scopre nella nuova casa – un'inquietante palazzo rosa in stile gotico americano - un passaggio per un mondo che è la replica scintillante e meravigliosa di quello noioso e grigio in cui è costretta a vivere. Ma, come scoprirà ben presto sulla sua pelle, niente è come sembra.
Con un immaginario visivo ricco e barocco – e con citazioni che spaziano da Van Gogh a Matrix – Selick dipana una fiaba sui pericoli dei mondi artificiali, così attraenti per gli adolescenti annoiati di tutti i tempi. Il passaggio da un mondo all'altro implica l'uso di un ago e la perdita della propria anima: una metafora sui pericoli della droga?
Girato con grande abilità con la tecnica della stop-motion, Coraline è ricco di personaggi originali nel design e nel carattere, visivamente perfetto e godibile anche (e soprattutto) per un pubblico adulto.

Coraline (USA 2008)
Un film di Henry Selick.
Dal romanzo di Neil Gaiman
Durata 100 min.

venerdì 19 giugno 2009

Veri pirati noi siam



Film frizzante e piacevole, "l love radio Rock" narra dei tempi in cui le radio di stato concedevano pochissimo spazio alla musica pop, che veniva trasmessa notte e giorno da scassati barconi al largo dell'Inghilterra. Venivano chiamate radio pirata, anche se non rubavano nulla, tranne le frequenze dell'etere per irradiare musica e pensieri che non trovavano spazio sulle emittenti ufficiali. E per questo venivano avversate dal potere costituito, rappresentato nel film da uomini grigi e imbalsamati, antropologicamente diversi dal popolo che ascolta le radio "libere". (Ed è' curioso notare che le argomentazioni usate dai governanti siano grosso modo le stesse che sentiamo adesso per giustificare un imbavagliamento della rete).
Il regista Richard Curtis, abile sceneggiatore di Mr. Bean e di commedie di successo (Quattro matrimoni e un funerale, Nothing Hill, Il diario di Bridget Jones), quando dirige i suoi film mette in piedi delle strutture corali che a volte perdono in efficacia (Love actually): troppi personaggi, trama ondivaga e un po' sfilacciata. Nonostante ciò, il film – sostenuto da un cast notevole e da una strepitosa colonna sonora d'annata – risulta piuttosto godibile e con un paio di sequenze molto riuscite, soprattutto nella seconda parte.
Del cast, oltre al prorompente dj yankee interpretato da Philip Seymour Hoffman, segnalo l'imperdibile ministro di Kenneth Branagh e l'impagabile e flemmatico dandy proprietario della radio a cui da corpo il sempre bravo Bill Nighy.


The Boat that Rocked (Gran Bretagna, 2009)
Regia: Richard Curtis
Sceneggiatura: Richard Curtis
Attori: Philip Seymour Hoffman, Bill Nighy, Rhys Ifans, Nick Frost, Kenneth Branagh, January Jones, Gemma Arterton, Emma Thompson, Ralph Brown, Durata: 129 Min

domenica 17 maggio 2009

Elementare Landgdon



Sia Kubrick che Welles erano convinti che da un pessimo romanzo si può trarre un ottimo film e l'hanno dimostrato. Purtroppo "Angeli e Demoni" non l'hanno diretto loro. Bisogna dare atto agli sceneggiatori (nientemeno che David "Spider-man" Koepp e Akiva Goldsman, premio Oscar per "A Beautiful Mind") che hanno fatto del loro meglio per trarre un film decente partendo da uno dei best seller peggio scritti della storia. Ma alla fine la trama quella è: resta il furto di antimateria al CERN (noto produttore di buchi neri), la caccia al tesoro in giro per Roma - ad alto tasso vandalico - a base di indovinelli scombiccherati e i colpi di scena telefonati. Per fortuna il pre-finale del romanzo è stato cambiato (se lo avete letto sapete di cosa parlo) per evitare scoppi di ilarità tra il pubblico, poco consoni al tenore drammatico della scena. A parte questi "trascurabili" particolari, il film è pieno d'azione, con un buon ritmo e stupefacenti effetti digitali che ricreano il Vaticano e una Piazza San Pietro gremita di fedeli più veri del vero.
Tom Hanks (Robert Langdon) ha visto personaggi migliori, Ewan McGregor è un convincente camerlengo e gli altri sono dei comprimari decenti, anche se hanno lo spessore psicologico di un'ostia.
Furbescamente gli sceneggiatori fanno diventare questo episodio un sequel de "Il Codice Da Vinci" con tanto di battutine ironiche sull'irritazione della Chiesa nei riguardi di Langdon (nella finzione), irritazione che è invece reale, visto che è stato vietato alla troupe di girare in qualsiasi chiesa di Roma.
La scena migliore? I cardinali ripresi a fumare e attaccati ai cellulari prima di entrare in conclave. Lo vedi Ron, che se ti applichi...

Angels & Demons (USA, 2008)
Un film di Ron Howard
Sceneggiatura: Akiva Goldsman, David Koepp
Con Tom Hanks, Ewan McGregor, Ayelet Zurer, Stellan Skarsgård, Pierfrancesco Favino, Armin Mueller-Stahl
Durata: 138 min.

martedì 12 maggio 2009

Spazio, ultima miniera



E' veramente incredibile come un vecchio telefilm con uomini in pigiamino, astronavi tirate col spago e improbabili alieni diventi un culto planetario e generi un inesauribile filone cinematografico: spazio, ultima miniera...
J.J. Abrams riparte da zero, raccontandoci i nostri eroi da giovani, portando nuova linfa ad una serie cinematografica che sembrava esser arrivata al capolinea. Lo fa a modo suo, con un film dal ritmo forsennato, pompato di effetti speciali in ogni inquadratura e con paradossi temporali da mal di testa. Non sono un "trekkies" ma mi sembra che nel film non manchi nulla: dalla U.S.S. Enterprise (e tutto il suo storico equipaggio da giovane) al saluto vulcaniano, dal teletrasporto al motore a curvatura. In più due Spock al prezzo di uno!
Questo nuovo "primo episodio" si concentra più sui due personaggi principali (Kirk e Spock) e tralascia lo spirito avventuroso e umanistico dell'esplorazione di un universo multietico (sì anche la galassia è multietnica, Mr. Berlusconi!) della serie tv originale. Zachary Quinto è uno Spock convincente (anche se alquanto inquietante), mentre Chris Pine dipinge un giovane J.T. Kirk un po' troppo guascone. Una irriconoscibile Winona Ryder dal volto consunto è la madre terrestre di Spock.
Tutta la mia ammirazione invece va ai designer delle navi aliene!
Se vogliamo essere onesti, al film manca un po' di epica – non è nelle corde di Abrams - e perciò tutto scivola via come una bevanda troppo frizzante. Alla fine è una baracconata piacevole a vedersi, se vi piace la fantascienza. Vivamente sconsigliato ai fan di Andrej Tarkovskij.

Star Trek (USA, 2008)
Un film di J.J. Abrams
Con Chris Pine, Zachary Quinto, Eric Bana, Winona Ryder, Zoe Saldana, Karl Urban, Bruce Greenwood, John Cho, Leonard Nimoy, Simon Pegg, Anton Yelchin
Durata: 127 min.

mercoledì 6 maggio 2009

Vita quotidiana di un guerrigliero


Che Guevara è una delle icone più inossidabili del Novecento e ci vuole del fegato per dedicargli un biopic in 2 parti.
La prima parte (Che l'argentino), dedicata alla rivoluzione cubana, narra di come il medico argentino Ernesto Guevara diventi un popolare capo guerrigliero.
Steven Soderbergh segue il Che (un convincente Benicio Del Toro) e i suoi uomini sulle montagne dell'isola come un reporter: macchina da presa digitale rigorosamente in spalla, niente luci artificiali e tanto meno fronzoli retorici. Stempera le scene di guerriglia con flash forward in sgranato bianco e nero della futura visita americana del Che. Qui lo scopriamo nel suo ruolo istituzionale (è ministro dell'economia cubana) e rivediamo il suo intervento all'ONU. Insomma Soderbergh alterna la pratica della rivoluzione alla teoria, giocando di anticlimax ed evitando l'epica della battaglia. Ne risulta perciò un film poco spettacolare e volutamente algido e a volte noioso - a parte le sequenze finali di guerriglia urbana a Santa Clara. Insomma, nonostante il personaggio, la storia e l'ottima confezione (bella fotografia, precisa ricostruzione storica) il film non è coinvolgente (grave difetto, anche se sembra una scelta di regia) e alla lunga stanca.

The Argentine (USA 2008)
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Peter Buchman, Steven Soderbergh, Ben Van Der Veen
Attori: Benicio Del Toro, Demian Bichir, Santiago Cabrera, Elvira Mínguez, Jorge Perugorría, Edgar Ramirez, Victor Rasuk, Armando Riesco, Catalina Sandino Moreno, Rodrigo Santoro, Unax Ugalde, Yul Vázquez, Carlos Bardem, Joaquim de Almeida, Eduard Fernández, Ramón Fernández, Óscar Jaenada, Kahlil Mendez, Jordi Mollà, Rubén Ochandiano
Durata: 131 Min

giovedì 23 aprile 2009

Storia di due cuori



Il casuale incontro di due infartuati all'ospedale è lo spunto per narrare di una improbabile amicizia tra due persone molto diverse: ciarliero sceneggiatore settentrionale in crisi (creativa e affettiva) il primo (Antonio Albanese), taciturno borgataro romano di successo (nel lavoro e negli affetti) il secondo (Kim Rossi Stuart). Il nuovo film scritto e diretto dalla Archibugi non è una commedia (a differenza di quello che fanno intendere locandina e trailer), anche se si ride spesso per alcune buone battute, i dialoghi brillanti e un esilarante cameo di Verdone. Qui si parla di donne, di vita, di morte e dell'ineffabile arte di creare e narrare storie.
Nonostante qualche scena forse evitabile e personaggi di contorno non indispensabili (qual è, ad esempio, il ruolo di Paolo Villaggio nella trama non è chiaro), nel complesso è un bel film, soprattutto per l'ottimo cast e due protagonisti in stato di grazia. Si può dire di tutto della Archibugi ma non che non sappia tirare fuori il meglio dai suoi attori. Vale il prezzo del biglietto.

"Questioni di cuore" (Italia 2008)
Un film di Francesca Archibugi.
Con Antonio Albanese, Kim Rossi Stuart, Micaela Ramazzotti, Francesca Inaudi, Andrea Calligari.
Paolo Villaggio
Durata 104 min

mercoledì 15 aprile 2009

La rivoluzione: teoria e pratica



Steven Soderbergh è sincero quando afferma che "Che - Guerriglia" è un film a parte e non il seguito del precedente "Che - L'Argentino": l'unica cosa che li accomuna è il personaggio. I due film parlano di due episodi fondamentali della vita di Guevara e si possono vedere anche "separati", ignorando l'esistenza dell'altro. Però se il primo sembrava poco spettacolare, questo lo è ancor meno. La macchina da presa digitale marca stretto il Che, che vaga senza metà per un anno nella jungla boliviana, e mostra la banale vita quotidiana nella guerriglia. E' un lungo diario di un'impresa folle e suicida: portare la rivoluzione tra i contadini più poveri della Bolivia, che però non la vogliono. Resta senza risposta nel film questa scelta scellerata da parte di un uomo intelligente e scaltro come il Che. La tragica fine è scontata.
Più povero e sperimentale del precedente (certe scene sembrano girate con una videocamera amatoriale nel giardinetto dietro casa), con una fotografia sporca e slavata sotto cieli polverosi, il film sembra più una via crucis laica, con un Benicio Del Toro dilagante e votato al martirio.


Guerilla (Spagna, Francia, USA, 2008)
Regia: Steven Soderbergh
Attori: Benicio Del Toro, Demian Bichir, Yul Vazquez, Rodrigo Santoro, Catalina Sandino Moreno, Joaquim de Almeida, Franka Potente, Marc-André Grondin, Óscar Jaenada, Kahlil Mendez, Matt Damon, Rubén Ochandiano, Julia Ormond, Gaston Pauls
Durata: 131 min.

lunedì 6 aprile 2009

Scontri tridimensionali






Siamo sicuri Mr. Katzenberg che far pagare 2,50 euro in più per degli occhialini 3D riporterà le folle al cinema? Mah... E soprattutto quanto gioverà ad un film l'effetto tridimensionale? Cioè, se un film fa schifo, fa schifo in tre dimensioni! Quanto di intrinsecamente nuovo porterà questa tecnologia al linguaggio del cinema? Finora mi sembra che restiamo dalle parti dell'attrazione da lunapark.
"Mostri vs Alieni" è stato sbandierato come uno dei primi cartoni animati pensati fin dall'inizio come un film 3D, ed in verità fa un uso di questa tecnologia cercando di evitare gli effetti più facili (lanciare oggetti contro lo spettatore). Alcune scene sono ben riuscite, altre meno, perché alla fine è come guardare immagini appiccicate su vetri messi a distanza diversa e tutte a fuoco: è un po' irreale e non ti senti mai immerso in uno spazio veramente tridimensionale.
Detto ciò, la pellicola è piuttosto divertente, ricca di gag e rimandi ai classici della fantascienza di tutti i tempi (e non solo i film di serie B anni 50): la scena più riuscita è quella dell'incontro del presidente americano con l'oggetto volante con citazione musicale di "Incontri ravvicinati". Simpatici i caratteri dei mostri e molto azzeccati anche i caratteri femminili, che ribaltano lo stereotipo classico dell'eroina in pericolo.
Gli adulti ridono parecchio, i bambini meno. Il problema di questa produzione Dreamworks è proprio questo ipercitazionismo più o meno parodico (nello stile Shrek) che alla lunga stanca, e alla resa dei conti ti rendi conto che non c'è sostanza (a differenza dei film Pixar).

Monsters vs. Aliens (USA 2009)
Regia: Rob Letterman, Conrad Vernon
Sceneggiatura: Maya Forbes, Wallace Wolodarsky, Rob Letterman, Jonathan Aibel, Glenn Berger

martedì 24 marzo 2009

In fondo al mar...



Diffidate dalle persone che non amano i gatti e da quelle che non amano Hayao Miyazaki, .
Il suo nuovo lungometraggio animato è uno spettacolo per gli occhi come poche volte capita di vedere. Disegni semplici, puliti ma curatissimi, sfondi pastello acquarellati a mano che infondono in questo cartone animato un calore d'altri tempi. Niente animazioni digitale, movimenti di macchina mirabolanti, 3D o altro, solo splendide sequenze con scene animatissime come la stupefacente apertura o la corsa di Ponyo bambina su minacciosi cavalloni a forma di pesce, destinata a diventare una delle immagini più iconiche del cinema di Miyazaki.
La storia del pesciolino che volle farsi bambina per amore è raccontata con pochi dialoghi, semplici, a portata di bambino, infarcita d'invenzioni fantastiche e a volte incomprensibili per noi adulti occidentali. Del resto questo è un film dichiaratamente per bambini. "Sì, ma giapponesi!" ha commentato mia moglie...
Andate a vederlo, fa bene all'anime!

Gake no ue no Ponyo (Giappone 2008)
Un film di Hayao Miyazaki.
Soggetto e sceneggiatura di Hayao Miyazaki
Musica di Joe Hisaishi
Durata: 100 min.

sabato 21 marzo 2009

Lui, lui e l'altra



"Diverso da chi" è una godibile commedia italiana che imbocca contromano i pregiudizi e le dinamiche di un improbabile triangolo tra una coppia di gay e una donna repressa tutta chiesa e famiglia. Lo scontro tra opposti si combatte anche sul piano politico. Piero,attivista gay, candidato sindaco per caso da un partito di centrosinistra pasticcione (è il PD, anche se nel film lo chiamano per pietà Unione Democratica), si trova affiancato da una Adele, rigida teocon stile Binetti (ma più avvenente). Saranno proprio i consigli di Remo - sensibile compagno di Piero - per attenuare lo scontro tra i due, che li porteranno uno nelle braccia dell'altra. Ne scaturirà una gran giostra di equivoci e gag paradossali, giocate sul carattere e, soprattutto, sulla sessualità dei due protagonisti.
I temi sono attuali - anche se la politica sembra averli rimossi -, lo svolgimento leggero ed elegante, grazie ad una sceneggiatura frizzante e un buon cast di attori. Bravi Filippo Nigro e Claudia Gerini, un po' imbambolato il protagonista Luca Argentero, ottimi i comprimari, tra i quali segnalo Antonio Catania e Giuseppe Cederna (nel ruolo del "gatto e la volpe" di partito). Una menzione per Francesco Pannofino (la voce di Clooney e mitico Renè Ferretti in "Boris") che interpreta un esilarante sindaco di centrodestra un po' macchietta (ma se penso al nostro Dipiazza...)
La retriva città del nord-est in cui è ambientato il film è Trieste, anche se non viene mai citata. La città è solo lo sfondo scenografico per una pellicola che poteva essere girata ovunque, ma per fortuna il regista esordiente Umberto Carteni evita l'effetto cartolina e sceglie anche location inedite.
Per una serata spensierata.

"Diverso da chi?" (Italia, 2008)
Un film di Umberto Carteni.
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci
Con Luca Argentero, Claudia Gerini, Filippo Nigro, Antonio Catania, Francesco Pannofino, Giuseppe Cederna, Rinaldo Rocco, Antonio Bazza.
Durata: 102 min.

martedì 17 marzo 2009

L'incredibile vita di Jacques Mesrin-01



La biografia a dir poco rocambolesca di Jacques Mesrin è raccontata da Jean-François Richet con un gangster movie dal ritmo incalzante. Split screen e specchi che moltiplicano il personaggio suggeriscono l'idea di un uomo dalle molte facce, tenero e violento, senza morale ma con una sua etica, impulsivo ma anche pianificatore di evasioni impossibili.
La sua vita è raccontata con molte elissi, alcune efficaci, altre meno: Jeanne, la sua compagna del periodo alla "Bonnie & Clyde" salta fuori dal nulla. Le inquadrature sono nervose, il montaggio forsennato nelle scene d'azione e qua e là si adotta uno stile nel girare un po' alla moda (sgranature, immagini mosse, grandangoli deformanti) ma tutto sommato efficace al racconto.
La performance di Vincent Cassel è notevole, quasi alla De Niro, nel trasformare anche il fisico secondo le esigenze del racconto. Perfetto nei ruoli da villain, qui da il suo meglio, con un personaggio tutt'altro che simpatico, ma di grande fascino. Depardieu giganteggia invece nel ruolo del boss parigino, "padre adottivo" di Mesrine.
La storia di Mesrine è divisa in due capitoli autonomi: il primo (L'istinto di morte) narra la nascita del mito Mesrine, dalle brutalità della Guerra d'Algeria (1959) alla clamorosa evasione dal carcere di massima sicurezza canadese (1969). In mezzo c'è la sua ascesa nel mondo della mala parigina, un matrimonio, tre figli, il carcere, un tentativo abortito di vita borghese, l'espatrio in Canada, un rapimento fallito, la fuga americana (stile "Sugarland Express") e la detenzione in un carcere stile Guantanamo (questi canadesi, chi l'avrebbe detto!).
Il film è godibile e spettacolare, restiamo in attesa del secondo capitolo "Nemico pubblico N°1 - L’ora della fuga" (in uscita il 17 aprile), che il regista preannuncia molto diverso nello stile.

L'Instinct de mort (Francia, Canada, Italia 2008)
Un film di Jean-François Richet.
Con Vincent Cassel, Cécile De France, Gérard Depardieu, Roy Dupuis, Elena Anaya.
Gilles Lellouche, Michel Duchaussoy, Myriam Boyer, Florence Thomassin, Ludivine Sagnier, Gilbert Sicotte, Abdelhafid Metalsi
Durata 113 min.

sabato 14 marzo 2009

L'ultima guerra del vecchio Clint



Il vecchio Clint dice che è l'ultima volta che fa l'attore, ma l'aveva detto anche per "Million Dollar Baby". Comunque non saprei chi altro avrebbe potuto interpretare Walter Kowalski, vecchio pensionato ruvido e dalla lingua tagliente, protagonista di "Gran Torino". Il suo bel grugno è una carta cinematografica che evoca tutti i suoi ruoli da duro precedenti: certe battute le può dire solo Clint Eastwood oppure l'ispettore Callahan.
Kowalski, che ha combattuto "i musi gialli" in Corea, si trova straniero in casa propria, ultimo bianco in un quartiere residenziale degradato e occupato - ironia della sorte - da orientali. Vedovo, con un pessimo rapporto con figli e nipoti, si troverà costretto a confrontarsi con i vicini di etnia Hmong, inizialmente trattati con razzistico disprezzo. Ma prima la giovane ragazza e poi il suo fratello minore, faranno breccia nel suo cuore inaridito, e lui si ritroverà "padre adottato" di una nuova famiglia.
E' una produzione modesta, senza divi, diretto in modo asciutto ed efficace da un Clint Eastwood in gran forma. Non è una commedia, ma non mancano le risate (gustosi i siparietti col barbiere italoamericano), il finale è prevedibile ma non banale.
Il film rappresenta un altro piccolo tassello della raccolta di storie di piccoli grandi americani raccontati con grande umanità da Eastwood nella sua lunga carriera di attore e regista.
Ignorato agli oscar, è imperdibile per i fan dell'inossidabile Clint, ma non scontenterà neanche gli altri.
La Gran Torino del titolo è una Ford coupé del 1972, scintillante reperto del sogno americano, gelosamente custodito dal protagonista nel garage di casa.

Gran Torino (USA 2008)
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Nick Schenk
Attori: Clint Eastwood, Cory Hardrict, John Carroll Lynch, Geraldine Hughes, Brian Haley, Brian Howe, Nana Gbewonyo
Fotografia: Tom Stern
Montaggio: Joel Cox
Durata: 116 Min

mercoledì 11 marzo 2009

C'erano una volta i supereroi



C'era una volta Superman, Batman e i loro amici in calzamaglia, che combattevano supernemici, eccentrici quanto loro nella scelta dell'abbigliamento. Immaginate ora un mondo alternativo in cui Nixon non è stato cacciato dallo scandao Watergate, l'America ha vinto in Vietnam e i super eroi esistono e nessuno se ne stupisce. Il governo li usa per i suoi affari sporchi e poi li pensiona per decreto. In questo mondo il nemico da combattere e l'umanità stessa, votata al suicidio con una guerra nucleare.
Watchmen, tratto dal romanzo a fumetti di Alan Moore scritto negli anni Ottanta, è intriso delle paranoie dell'epoca e del pessimismo cosmico dell'autore.
Per questo è solo in parte un film di supereroi. Questi sono supereroi per adulti, complessi, ricchi di contraddizioni e il costumino sembra più che altro solo un omaggio alla tradizione che una necessità per celarne l'identità. Quando sono intelligenti, sono anche megalomani e crudeli, quando hanno un etica di ferro nella caccia dei malvagi sono pure sociopatici violenti e brutali. Oppure sono semidei malinconici e distaccati, donne fragili, uomini dimessi e impotenti. Ma alla fine sono tutti splendidi e inediti personaggi.
Il film è interminabile ma senza noia, visivamente ricco, quasi barocco nella costruzione di inquadrature e sequenze impossibili senza qualche barbatrucco digitale. Il regista fa il furbetto citando qua e là Kubrick (la stanza del superuomo non a caso sembra quella di 2001 Odissea nello spazio e la sala della guerra del presidente Nixon è una replica di quella del Dottor Stranamore) ma lo perdoniamo. Inaspettatamente splatter nella rappresentazione della violenza, spiazza con scene che sono veri pugni allo stomaco, assolutamente inedite per un film del genere. Non è pellicola per signorine.

Watchmen (Canada, Gran Bretagna, USA 2008)
Un film di Zack Snyder
Con Jeffrey Dean Morgan, Patrick Wilson, Jackie Earle Haley, Carla Gugino, Malin Akerman, Billy Crudup, Matthew Goode Ruoli
Durata: 162 min.

martedì 10 marzo 2009

Una partita e una dipartita



Il film è la trasposizione cinematografica della pièce teatrale omonima di Cristina Comencini e si vede. Cast femminile all stars per un'amara analisi della condizione della donna, ieri e oggi. Madri borghesi apparentemente realizzate (secondo i canoni degli anni Sessanta) e le loro figlie in carriera fanno il bilancio delle loro esistenze: che tristezza! Ne escono ritratti di donne sempre frustrate, sia quando si immolano per la famiglia, che quando si spendono tutte per il lavoro. Gli uomini non si vedono ma sono fantasmi ingombranti nei dialoghi delle otto donne in scena.
Il film è diviso in due atti: prima le quattro madri, riunite per la rituale partita a carte, e poi le figlie, riunite per la dipartita di una delle genitrici di cui sopra. Monteleone traspone diligentemente il testo teatrale con poca inventiva dal punto di vista cinematografico (a parte il bel montaggio di sguardi alla fine). La forza del film è tutta nel cast di attrici di grande bravura.
La pellicola vale più di un corso prematrimoniale, ma attenti maschi, la vostra compagna potrebbe uscirne depressa.

"Due partite"
Regia di Enzo Monteleone
Con: Alba Rohrwacher - Carolina Crescentini - Claudia Pandolfi - Isabella Ferrari - Margherita Buy - Marina Massironi - Paola Cortellesi - Valeria Milillo Italia, 2009
Durata: 94 min

giovedì 26 febbraio 2009

Senso inverso



Il curioso caso di un film che aveva tutto per essere un capolavoro e invece...
La pellicola di David Fincher è una torta sontuosa, bella da vedere e con tutti gli ingredienti perfetti (intuizione letteraria geniale, un regista di talento, due star belle e brave, splendida fotografia, effetti speciali all'avanguardia) ma se l'assaggi è insapore.
Quello che irrita di più è lo scarto tra la volontà esplicita di fare una buona torta e il risultato finale.
Come in Forrest Gump (con cui condivide lo sceneggiatore Eric Roth - e si vede), il film narra la vita di un "diverso" attraverso un secolo. E' una storia dall'ampio respiro che contiene un po' di tutto (due guerre mondiali, un romanzo di formazione, una parabola simbolica, i primi amori e l'amore eterno, il balletto, le avventure in giro per il mondo, il rapporto madre-figlia, sino a giungere all'uragano Katrina), ma il tutto scivola via un po' troppo prevedibilmente. Grande pecca per un racconto che aveva tutto per essere sorprendente. E invece tutto "accade" nel momento giusto, tanto che s'intuisce la meticolosa cura con cui sono stati miscelati gli ingredienti. E quando cerca l'immagine simbolica, il tocco poetico, svacca nello stucchevole (il colibrì, l'orologio che va al contrario).
E dopo due ore e tre quarti di film qual è l'insegnamento? La vita va vissuta pienamente e non sai mai cosa ti capita!
Meritati gli Oscar per trucco, scenografia ed effetti speciali e ancora più meritati gli oscar non presi per film, regista e sceneggiatura.
Un grande spreco di talenti.


The Curious Case of Benjamin Button.
Un film di David Fincher.
Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Tilda Swinton, Julia Ormond, Jason Flemyng
Sceneggiatura: Eric Roth
Fotografia: Claudio Miranda
Durata 159 min
USA 2008.

sabato 7 febbraio 2009

L'intervista del secolo



Ron Howard nel suo Frost/Nixon ci narra un'altra storia americana, un'intervista entrata nella storia della tv: il duello tra l'unico presidente americano che dovuto dimettersi (Scandalo Watergate) e il più improbabile tra gli intervistatori. Immaginate un Paolo Bonolis che intervista Berlusconi caduto in disgrazia (siamo nel campo della fantascienza, lo so, ma è giusto per dare l'idea).
Ma qui si parla del lato oscuro del potere, della brama di successo e della voglia di riscatto. E anche del perfezionamento di un linguaggio televisivo in grado di arrivare là dove commissioni d'inchiesta e tribunali non arrivarono mai.
I due protagonisti sono personaggi a tutto tondo. Frost (Michael Sheen) è un conduttore tv di successo, superficiale, farfallone e molto, molto ambizioso. Dall'altro lato Tricky Dicky, una volta perso il potere, si rivela molto umano nel tentativo di riscatto a tutti i costi che cerca in questa intervista. Frank Langella ci restituisce un Nixon pieno di sfaccettature, perfido, astuto, ma con debolezze che ce lo rendono quasi simpatico e a tratti commovente.
Nonostante la derivazione teatrale, il film scorre con ritmo, è avvincente e i due interpreti sono superlativi. Se l'argomento vi stuzzica e vi piacciono i film d' attore, è da non perdere.

Frost/Nixon (USA, 2008)
Un film di Ron Howard
Con Frank Langella, Michael Sheen, Kevin Bacon, Rebecca Hall, Toby Jones, Matthew MacFadyen, Oliver Platt, Sam Rockwell
Durata 122 min.

venerdì 30 gennaio 2009

Geometria di un attentato



Bryan Singer confeziona un thriller storico teso e geometrico con inquadrature precise come una parata nazista e grandi carrellate a volo d'uccello. Ha imparato la lezione del maestro Hitchcock (tutta la sequenza dell'attentato nella Tana del Lupo) e sa creare suspence con gran abilità, nonostante la storia sia nota: il colonnello Claus von Stauffenberg attenta a Hitler ma fallisce.
Dopo aver costeggiato il tema del nazismo ne "L'allievo" e in "X-men", Singer lo prende di petto e sceglie una storia controcorrente: quella di un tedesco che si oppone alla follia di Hitler e cerca di fermarla. Ma evidentemente di tedeschi come lui ce n'erano troppo pochi e i "volenterosi carnefici di Hitler" erano molti, molti di più, come si evince dalla splendida scena delle impiegate del centro comunicazioni che piangono alla notizia (falsa) della dipartita del fuhrer.
Non è un film revisionista, visto che non nega le malefatte naziste (in modo pure didascalico), ma piuttosto sceglie di narrare l'inedita vicenda di chi dall'interno il nazismo cercò di combatterlo.
Tom Cruise orbato e misurato e gran cast di attori inglesi di contorno.

"Valkyrie"
Regia: Bryan Singer
Sceneggiatura: Christopher McQuarrie, Nathan Alexander
Attori: Tom Cruise, Kenneth Branagh, Carice van Houten, Eddie Izzard, Bill Nighy, Terence Stamp, Thomas Kretschmann, Tom Wilkinson
Paese: USA 2008
Durata: 121 Min

sabato 24 gennaio 2009

Sulle strade di San Francisco



"In America, The land of the free, they said,
And of opportunity, In a just and a truthful way
But where the president, Is never black, female or gay,
And until that day You've got nothing to say to me,
To help me believe"
("America is not the world" di Morrissey)

Gus Van Sant ha confezionato un classico biopic dall'impianto tradizionale, se non fosse per il personaggio di cui si occupa: Harvey Milk (http://it.wikipedia.org/wiki/Harvey_Milk), primo consigliere comunale di San Francisco dichiaratamente omosessuale. Ottima interpretazione di un Sean Penn che non ti aspetti, circondato da un cast di giovin attori notevole (James Franco, Emile Hirsch), più un convincente Josh Brolin.
La pellicola si concentra sugli anni dell'impegno politico di Milk, in prima linea nella lotta per il riconoscimento dei diritti civili dei gay. La battaglia è tutt'ora aperta, se si pensa che certe argomentazione degli avversari dell'epoca (omosessualità=malattia, riconoscere i diritti ai gay=minare la famiglia tradizionale) sono cazzate che si sentono ancora ai nostri giorni.
Il film manda un messaggio sottilmente eversivo, contrapponendo la limpidezza etica e morale di Milk agli oscuri tormenti di Dan White, frustrato simbolo della "normale" famiglia americana religiosa e conservatrice. Indovinate chi dei due alla fine del film è l'assassino e chi la vittima.
Gus van Sant fa di Milk un simbolo dell'America migliore, la stessa che ha eletto un nero alla Casa Bianca.
Da proiettare nelle scuole.

"Milk"
Un film di Gus Van Sant.
Con Sean Penn, Emile Hirsch, Josh Brolin, Diego Luna, James Franco.
Biografico, durata 128 min. - USA 2008

martedì 13 gennaio 2009

La morte animata



"Valzer con Bashir" è un curioso oggetto: un po' documentario, un po' film d'animazione, in realtà è un viaggio mentale alla ricerca di un episodio traumatico rimosso. Nonostante l'animazione a tratti legnosa, è pieno di splendide sequenze (i potenti i titoli di testa, la sequenza nell'agrumeto) e miscela alla perfezione testimonianze "cartoonizzate" a momenti onirici di grande impatto visivo (il sogno della donna gigante, la spiaggia di Beirut sotto i razzi al fosforo), sostenuti da un ottima colonna sonora.
Il protagonista - il regista israeliano Ari Folman - non ricorda nulla della sua esperienza di soldato diciottenne nella guerra in Libano dei primi anni Ottanta: è questo il pretesto per indagare, intervistando i suoi commilitoni e chi in quei giorni si trovava a Beirut. Ne escono una serie di bozzetti che descrivono soldati adolescenti mandati allo sbaraglio, in un clima di folle anarchia non molto lontano dalle atmosfere di "Apocalypse Now" (citato in una breve sequenza).
La scelta dell'animazione mette una sorta di filtro agli orrori narrati dai testimoni e permette azzeccate derive poetiche. Ma alla fine, come un pugno nello stomaco, arrivano le immagini vere del genocidio di Sabra e Shatila (http://it.wikipedia.org/wiki/Sabra_e_Shatila), e non c'è nessun rifugio "disegnato", né per noi né per il narratore, che quel evento aveva cancellato dalla mente.

Waltz With Bashir
(Israele, Germania, Francia 2008)
Regia di Ari Folman
Con Ron Ben-Yishai, Ronny Dayag, Ari Folman, Dror Harazi, Yehezkel Lazarov.
Mickey Leon, Ori Sivan, Zahava Solomon
Musica di Max Richter
Durata 87 min.

Golden Globe per il miglior film straniero