venerdì 29 novembre 2013

Brucia ragazza brucia

Secondo capitolo della trilogia creata da Suzanne Collins, La ragazza di fuoco segue la protagonista nelle vicende successive alla sua vittoria agli Hunger Games. Diventata –  suo malgrado – un'eroina nazionale e un simbolo di speranza e riscatto per i distretti più poveri della federazione, Katniss causa più di un mal di pancia all'odioso Presidente Snow. Dopo averla blandita e minacciata inutilmente, Snow indirà un'edizione speciale dei Giochi solo per poterla screditare agli occhi dell'opinione pubblica e infine eliminarla. Ma le cose non andranno secondo i suoi piani: il capitolo finale (diviso in due film, come si usa ultimamente) è già in cantiere.
Rispetto al film che lo precede, questo secondo capitolo è più centrato sulle relazioni tra i protagonisti, approfondendo maggiormente il carattere di Katniss, ragazza tenace ma spaventata, eroina riluttante che poco a poco sta prendendo coscienza della sua forza, e giovane donna dalla vita sentimentalmente complicata. Inoltre viene delineato maggiormente il quadro politico e sociale, con il governo centrale fascista e oppressivo, la società decadente e opulenta di Capitol City in contrasto con le zone povere e depresse dei Distretti più remoti.
Il film in parte ripete lo schema del precedente, ma con sostanziali differenze per quanto riguarda i nuovi giochi: i partecipanti (tutti vincitori delle precedenti edizioni) sono poco entusiasti se non ostili all'idea di tornare nell'arena. La ribellione – come vedremo - serpeggia a tutti i livelli e porta i giocatori ad allearsi per sopravvivere e, soprattutto, per battere il vero nemico.
Nonostante il cambio di regia (Gary Ross qui è solo co-sceneggiatore), il film resta visivamente simile al precedente, ma il côte fantascientifico appare un po' più curato. C'è qualche piccolo ritocco nelle divise dei terribili Pacificatori (che bel nome orwelliano!), diventate decisamente anni Settanta, nell'architettura della capitale, che ora risulta un po' più verticale, e nei simulatori virtuali dei combattimenti. La fotografia ripropone i toni freddi e slavati nel Distretto 12, quelli più saturi nella capitale e nella lussureggiante area di gioco in stile Lost. Sempre strabilianti e fuori luogo le mise della svaporata Effie Trinket e i cangianti abiti da cerimonia della nostra eroina.
Le sequenze nell'arena, piena di trappole mortali (a dire il vero sempre più esagerate e improbabili), mantengono alta la tensione nell'ultima parte del film con una certa facilità, fino al pirotecnico colpo di scena finale, quando il teatro della finzione messo su per rincoglionire le masse, crolla letteralmente grazie all'indomabile Katniss.
Nel mettere in scena i giochi, il film gioca al rialzo rispetto al precedente, ma la parte più interessante è quella che li precede, con il suo lento accumulo di violenza, soprusi, ingiustizia e rabbia. E alla fine il percorso di consapevolezza di sé della nostra eroina è compiuto, come ci mostra l'ultimo primissimo piano sui suoi occhi fiammeggianti.
La ragazza di fuoco è puro intrattenimento, ben confezionato e ottimamente venduto. La cosa che stupisce di più è la capacità di trasformare delle tematiche che negli anni Settanta avrebbe prodotto un dignitoso film di fantascienza sociale, in un clamoroso franchising dagli incassi stratosferici. Segno dei tempi.

Hunger Games: La ragazza di fuoco (The Hunger Games: Catching Fire, USA 2013)
Un film di Francis Lawrence.
Con Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Lenny Kravitz, Philip Seymour Hoffman, Jeffrey Wright, Stanley Tucci, Donald Sutherland.
Durata 146 min.

venerdì 8 novembre 2013

Vite da osteria

Paolo Bressan è un uomo solo, pieno di livore, alcolista, bugiardo ed ex-marito infedele, che passa il suo tempo libero a ubriacarsi nelle private del goriziano. Un giorno si trova a dover accudire un giovane nipote sloveno che sembra avere un unico grande talento: fare sempre centro al gioco delle freccette. L'uomo cercherà egoisticamente di sfruttare a suo favore tale capacità, ma questo inaspettato incontro finirà per cambiargli la vita per sempre.
Il regista goriziano Matteo Oleotto firma una commedia dolceamara, crepuscolare, ambientandola in un territorio poco frequentato dal cinema. Girata tra Gorizia e la Slovenia, a dire il vero non sfrutta appieno le inedite locations che il territorio offre, ma le usa come perfetto sfondo di una storia dai toni dimessi. Giuseppe Battiston giganteggia su tutti, con un personaggio tanto sgradevole e cattivo quanto tristemente solo e autolesionista e alla fine conquista l'empatia dello spettatore regalandogli un'interpretazione superlativa.
L'altro protagonista del film – nel bene e nel male – è il vino, presente nella cultura delle private, nei vigneti, nei monologhi alcolici e nei canti d'osteria del coro di Doberdò.
Il film è ottimamente fotografato, con accenni caravaggeschi (si veda la raffinata scena iniziale), gli interni scuri appena illuminati da luci giallastre e la selvatica e desolata natura d'oltreconfine, filmata con maestosi grandangoli. La pellicola si avvale di un efficace cast italo-sloveno, con un ottimo giovane attore nel ruolo dello scemo Zoran (Rok Prašnikar), che si esprime in un buffo e anacronistico italiano letterario.
Zoran, il mio nipote scemo si presenta alla ribalta italiana come una piccola commedia dal sapore nuovo e diverso, aspro come il vino di queste terre, ma dolcemente malinconica come una sera di nebbia sul Lungo Isonzo.
Imperdibile per i fan dell'immenso Battiston.

Zoran, il mio nipote scemo (Italia / Slovenia, 2013)
Un film di Matteo Oleotto.
Con Giuseppe Battiston, Teco Celio, Rok Prašnikar, Marjuta Slamič, Roberto Citran.
Durata 103 min.