domenica 6 ottobre 2013

Persi nello spazio

Una scienziata alla sua prima missione e un astronauta veterano finiscono dispersi nello spazio a causa di un incidente. Lotteranno contro il tempo per trovare un modo per ritornare sulla Terra. Difficile dire di più senza fare degli spoiler. Vediamo se ci riesco…
Gravity è uno strano oggetto filmico, un ibrido tra un piccolo film d'autore e la mega-produzione hollywoodiana. Cast ed effetti stellari a prima vista fanno pendere la bilancia su quest'ultimo aspetto del film. Ma l'essenzialità della trama, la scarsità di personaggi (due), il suo carattere altamente "umanistico", i tempi lunghi e il controllo pressoché totale sul film di Alfonso Cuarón (regia, sceneggiatura, produzione, montaggio), mi suggeriscono che si tratti di un film molto particolare, personale, quasi autoriale, appunto.
La messa in scena è straordinariamente realistica e verosimile, spettacolare soprattutto per l'ambientazione estrema, che è parte integrante della pellicola. Il film ci porta in luoghi lontani dalla nostra quotidiana esperienza, ma esistenti. Satelliti, stazioni spaziali, shuttle e capsule di salvataggio sono là che orbitano sopra le nostre teste. Non sono le navicelle ordinate, asettiche e iper-tecnologiche a cui film di fantascienza ci hanno abituato. Sembrano più dei fragilissimi barattoli di latta, disordinati e poco glamour. Perché Gravity non è un film di fantascienza, è semplicemente un film ambientato nel cosmo, che immagina un naufragio spaziale, con due dispersi che cercano una scialuppa di salvataggio a gravità zero.
L'autore riesce a mantenere viva la tensione per tutto il tempo, realizzando un film coinvolgente – non solo per un ineccepibile 3D –  grazie all'interpretazione perfetta di una sorprendente Sandra Bullock, sottoposta ad un vero tour de force fisico (deve simulare per tutto il film l'assenza di gravità). Il suo personaggio si trova a lottare per sopravvivere, ma prima dovrà ritrovare la voglia di vivere, per vincere le avversità e sperare di tornare a casa.
Gravity è un film visivamente stupendo, che mescola la sapientemente grandiosità dell'ambientazione con le intime pene di una donna sola, che cerca di superare un terribile lutto e di riconciliarsi con il mondo, quello stesso mondo che scorre silenzioso e maestoso sotto/sopra di lei. Un film intelligente e spettacolare, come è raro trovare di questi tempi. Da gustare rigorosamente al cinema.

Gravity (USA / Gran Bretagna, 2013)
Un film di Alfonso Cuarón.
Con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Orto Ignatiussen, Phaldut Sharma.
Durata 92 min.

martedì 1 ottobre 2013

Il circuito della vita

Rush racconta l'epica sfida tra Lauda e Hunt sui circuiti della Formula 1 nella seconda metà degli anni Settanta, uno scontro tra due stili di vita e di guida. Doppia biografia intrecciata dei due piloti, le cui vite avranno esiti molto diversi.
Il film di Ron Howard, sostenuto dall'ottima e solida sceneggiatura di Peter Morgan (quello di Frost/Nixon e The Queen), non è solo un omaggio ad uno degli sport più cinematografici che si possano immaginare, ma anche la cronaca appassionata di uno scontro tra due campioni dai caratteri diametralmente opposti. Hunt è un simpatico sbruffone, bello e fascinoso, spericolato nella vita e in pista, vive alla giornata, gareggia sfidando la morte e vuole godersi fino in fondo tutti i frutti che la fama e la ricchezza gli porta. Lauda è arrogante e antipatico, un freddo calcolatore, ma determinato e competente, dalla vita seria e (quasi) noiosa. Entrambi pecore nere di famiglie ricche, hanno due stili di vita speculari e due modi opposti di intendere lo sport, ma in fondo sono due campioni che si ammirano e si rispettano a vicenda.
Il film racconta la loro rivalità dalle prime prove in Formula 3 sino al drammatico campionato del 1976, durante il quale duelleranno fino alla fine. Quella stagione viene ricordata anche per il terribile incidente a Lauda e dalla sua incredibile "resurrezione", che il regista mette in scena in modo crudo e realistico, mostrandoci di che pasta è fatto quell'austriaco testardo.
La messa in scena impeccabile ci porta in un'epoca lontana, dove i piloti rischiavano veramente la vita ad ogni corsa, ci trascina nell'abitacolo delle monoposto, con riprese impossibili a quei tempi, e con un coinvolgimento tale che pare di sentire l'odore di benzina.
Quel bisteccone di Chris Hemsworth dà corpo – e che corpo, le signore ringraziano per la generosità con cui lo espone – ad un credibile Hunt, mostrando doti attoriali che superano il menar il martello di Thor, mentre il bravo è Daniel Brüh, con muso da topo e volto perennemente imbronciato, è un Lauda simpaticamente sgradevole e geniale.
Rush, nella miglior tradizione di Howard, è un film non particolarmente innovativo, ma è appassionante, ben girato e molto divertente. Piacerà a tutti, anche a chi non importa un fico secco della F1, perché parla di come gli uomini possono affrontare la vita e la morte.

Rush (USA, Gran Bretagna, Germania 2013)
Un film di Ron Howard.
Con Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino.
Durata 123 min.