Django è uno schiavo reso uomo libero dal cacciatore di taglie King Schultz, che ne fa il suo aiutante. Django ha una moglie ancora schiava nella piantagione del crudele Calvin Candie e lui la libererà. Tra il dire e il fare c'è di mezzo un mare di sangue.
Continua il percorso di recupero e glorificazione del cinema di serie B da parte di un Tarantino in grande spolvero. Questa volta tocca allo spaghetti western, rifatto più grande, spettacolare, grottesco ed efferato che mai. Tempi dilatati, dialoghi alla Quentin, iperviolenza e – soprattutto – personaggi esagerati, interpretati da un cast all'altezza delle aspettative. Il più bravo di tutti, ancora lui, Cristoph Waltz, lanciato da Tarantino in Bastardi senza gloria e fresco di Golden Globe per la sua irresistibile interpretazione del dottor Schultz.
Diviso in più quadri, il film comincia un po' sottotono rispetto ad altre pellicole tarantiniane, ma continua poi con un'escalation che deflagra nella seconda metà. In mezzo, il siparietto esilarante e geniale con la presa per il culo del Ku Klux Klan.
Colonna sonora in linea col genere, ma farcita – come al solito – anche di brani estranei ed eccentrici. Tarantino si conferma regista esplosivo. Letteralmente.
Lunga fila davanti al cinema (il giovedì sera?!). Da non credere.
Django Unchained (USA, 2012)
Un film di Quentin Tarantino.
Con Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Samuel L. Jackson, Kerry Washington, Franco Nero, Jonah Hill, Quentin Tarantino, Don Johnson
Durata 165 min.
venerdì 18 gennaio 2013
venerdì 11 gennaio 2013
Atlante delle storie
Storie, crimini e amori s'intrecciano nel corso dei secoli, tra l'Ottocento e un futuro remoto.
I Wachowski + Tykwer sfornano un film ambizioso e complesso, che miscela narrazioni e generi in un caleidoscopico zapping, pieno di echi e rimandi. È una sorta di blob cinematografico, con sei trame frammentate – alternate con temerario ritmo – e montate con precisione maniacale. Ogni sequenza rimanda ad un'altra, in un vertiginoso gioco di specchi e citazioni, di cause ed effetti. Tralasciando le tematiche new age del karma e del "tutto è connesso" – affrontate in modo sbrigativo e superficiale – resta il fascino irresistibile dell'arte di narrare, della quale il film costruisce un monumento. Incorniciate dai racconti di un vecchio davanti ad un falò, le varie storie s'incastrano una nell'altra, passando tra le varie epoche grazie alle molteplici vie che la narrazione ha trovato per diffondersi nel corso della storia umana. Ecco allora che le storie tramandate con il racconto orale, il diario, le lettere, il romanzo, il film, finanche la sinfonia (Cloud Atlas è il titolo della composizione scritta da uno dei personaggi), viaggiano nel tempo e finiscono per cambiare la Storia. E insieme alle storie viaggiano le idee, che trovano le vie più strane e inaspettate per propagarsi.
Visivamente meno sperimentale dello sfortunato Speed Racer, Cloud Atlas osa solo nell'uso e abuso di una manciata di attori e ha nel trucco facciale il vero effetto speciale.
Maiuscolo – come sempre – l'apporto di attori navigati e versatili come Jim Broadbent, sorprendente quello di Tom Hanks (qui, credo, al suo primo ruolo di villain) e scontata la prestazione – spesso molto autoironica – di Hugo Weaving, cattivo in tutte le epoche e in tutti i sessi.
Nonostante la durata impegnativa, il film non annoia mai, ma a volte fallisce nel coinvolgere lo spettatore nelle storie che racconta, causa l'eccessiva frammentazione narrativa e la moltiplicazione dei protagonisti. Rimane in ogni caso un film originale e coraggioso, difficile da cogliere appieno in sala, ma che forse crescerà nella considerazione degli spettatori con il tempo e con ripetute e più attente visioni.
Cloud Atlas (USA, Germania, Singapore, Hong Kong, 2012)
Un film di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski.
Con Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Bae Doo-na, Ben Whishaw, James D'Arcy, Zhou Xun, Keith David, Susan Sarandon, Hugh Grant
Durata 172 min.
I Wachowski + Tykwer sfornano un film ambizioso e complesso, che miscela narrazioni e generi in un caleidoscopico zapping, pieno di echi e rimandi. È una sorta di blob cinematografico, con sei trame frammentate – alternate con temerario ritmo – e montate con precisione maniacale. Ogni sequenza rimanda ad un'altra, in un vertiginoso gioco di specchi e citazioni, di cause ed effetti. Tralasciando le tematiche new age del karma e del "tutto è connesso" – affrontate in modo sbrigativo e superficiale – resta il fascino irresistibile dell'arte di narrare, della quale il film costruisce un monumento. Incorniciate dai racconti di un vecchio davanti ad un falò, le varie storie s'incastrano una nell'altra, passando tra le varie epoche grazie alle molteplici vie che la narrazione ha trovato per diffondersi nel corso della storia umana. Ecco allora che le storie tramandate con il racconto orale, il diario, le lettere, il romanzo, il film, finanche la sinfonia (Cloud Atlas è il titolo della composizione scritta da uno dei personaggi), viaggiano nel tempo e finiscono per cambiare la Storia. E insieme alle storie viaggiano le idee, che trovano le vie più strane e inaspettate per propagarsi.
Visivamente meno sperimentale dello sfortunato Speed Racer, Cloud Atlas osa solo nell'uso e abuso di una manciata di attori e ha nel trucco facciale il vero effetto speciale.
Maiuscolo – come sempre – l'apporto di attori navigati e versatili come Jim Broadbent, sorprendente quello di Tom Hanks (qui, credo, al suo primo ruolo di villain) e scontata la prestazione – spesso molto autoironica – di Hugo Weaving, cattivo in tutte le epoche e in tutti i sessi.
Nonostante la durata impegnativa, il film non annoia mai, ma a volte fallisce nel coinvolgere lo spettatore nelle storie che racconta, causa l'eccessiva frammentazione narrativa e la moltiplicazione dei protagonisti. Rimane in ogni caso un film originale e coraggioso, difficile da cogliere appieno in sala, ma che forse crescerà nella considerazione degli spettatori con il tempo e con ripetute e più attente visioni.
Cloud Atlas (USA, Germania, Singapore, Hong Kong, 2012)
Un film di Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski.
Con Tom Hanks, Halle Berry, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Jim Sturgess, Bae Doo-na, Ben Whishaw, James D'Arcy, Zhou Xun, Keith David, Susan Sarandon, Hugh Grant
Durata 172 min.
mercoledì 2 gennaio 2013
Falso d'autore
Prima recensione del 2013 dedicata al cinema italiano, girato però con attori anglofoni e ambientato altrove (e forse per questo Trieste è sembrata perfetta per girarvi alcune scene).
L'esperto antiquario e battitore d'aste Virgil Oldman viene chiamato a valutare e vendere il patrimonio di una giovane ereditiera, che vive da reclusa nella decadente villa di famiglia. L'uomo s'invaghirà della misteriosa ragazza con conseguenze fatali per la sua esistenza solitaria.
Tornatore torna ad un'opera "quasi" da camera (come Una pura formalità) tutta giocata sull'apporto di pochi attori. In questo caso il film è sostenuto interamente dalla calibrata interpretazione di Geoffrey Rush, perno di un raffinato meccanismo di seduzione, attrazione e tradimento. I simbolici rimandi al mondo dell'orologeria e degli automi meccanici, che riverberano la struttura a orologeria della trama, si sprecano nel film (la bottega dell'orologiaio, l'automa settecentesco, l'incredibile ristorante alla fine). E così pure i raffinati riferimenti al mondo della pittura e del falso (roba che sarebbe piaciuta a Orson Welles) come metafore dei rapporti umani e sentimentali, sono perfettamente giocati. Ma tutta questa eleganza formale e questa ricchezza di simboli non salva il film da un epilogo prevedibile e maldestro. L'orologio del mistero, che funziona per la prima parte, annoia nella seconda, perché diventa prevedibilmente preciso. E quando arriva il colpo di scena, è talmente telefonato che nessuno si stupisce. Anzi, sembra quasi che Tornatore sia più interessato alla costruzione di questo complesso meccanismo che al suo perfetto funzionamento finale. Peccato, perché il tentativo di restituire uno spicchio di vita, grazie ad affascinanti giochi d'ingranaggi, risulta alla fine un po' falso.
The Best Offer (Italia, 2012)
Un film di Giuseppe Tornatore
Con Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, Donald Sutherland, Philip Jackson
Durata 124 min.
L'esperto antiquario e battitore d'aste Virgil Oldman viene chiamato a valutare e vendere il patrimonio di una giovane ereditiera, che vive da reclusa nella decadente villa di famiglia. L'uomo s'invaghirà della misteriosa ragazza con conseguenze fatali per la sua esistenza solitaria.
Tornatore torna ad un'opera "quasi" da camera (come Una pura formalità) tutta giocata sull'apporto di pochi attori. In questo caso il film è sostenuto interamente dalla calibrata interpretazione di Geoffrey Rush, perno di un raffinato meccanismo di seduzione, attrazione e tradimento. I simbolici rimandi al mondo dell'orologeria e degli automi meccanici, che riverberano la struttura a orologeria della trama, si sprecano nel film (la bottega dell'orologiaio, l'automa settecentesco, l'incredibile ristorante alla fine). E così pure i raffinati riferimenti al mondo della pittura e del falso (roba che sarebbe piaciuta a Orson Welles) come metafore dei rapporti umani e sentimentali, sono perfettamente giocati. Ma tutta questa eleganza formale e questa ricchezza di simboli non salva il film da un epilogo prevedibile e maldestro. L'orologio del mistero, che funziona per la prima parte, annoia nella seconda, perché diventa prevedibilmente preciso. E quando arriva il colpo di scena, è talmente telefonato che nessuno si stupisce. Anzi, sembra quasi che Tornatore sia più interessato alla costruzione di questo complesso meccanismo che al suo perfetto funzionamento finale. Peccato, perché il tentativo di restituire uno spicchio di vita, grazie ad affascinanti giochi d'ingranaggi, risulta alla fine un po' falso.
The Best Offer (Italia, 2012)
Un film di Giuseppe Tornatore
Con Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Sylvia Hoeks, Donald Sutherland, Philip Jackson
Durata 124 min.
venerdì 21 dicembre 2012
L'indiano e la tigre
L'indiano Piscine Molitor Patel (detto Pi) racconta la sua vita, e di come sia sopravvissuto ad un naufragio in compagnia di una tigre del Bengala, ad uno scrittore canadese.
L'affascinante romanzo di Yann Martel viene trasposto in modo puntuale da Ang Lee in un film che lo banalizza e, nonostante l'accurata messa in scena e la profusione di effetti speciali, non conquista l'anima dello spettatore. Arduo compito quello di raccontare per immagini un'affabulazione ricca di invenzioni, simboli e inverosimiglianze, che regge sulla carta ma molto meno sullo schermo. Per combattere la noia di mostrare un giovane e una tigre in mezzo all'oceano per gran parte del film, Lee riempie le sequenze di cieli pittorici, mari di specchio, tempeste spettacolari, luminescenze notturne, balene e pesci volanti, grandi sforzi visivi ma senza poesia. La grande fiaba allegorica di Martel viene sacrificata al dio della visione iperrealista, nuocendo irrimediabilmente alla sua anima delicata e fantastica. Forse era meglio farne un cartone animato.
Life of Pi (Cina / USA, 2012)
Un film di Ang Lee.
Con Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Rafe Spall, Gérard Depardieu.
Durata 127 min.
L'affascinante romanzo di Yann Martel viene trasposto in modo puntuale da Ang Lee in un film che lo banalizza e, nonostante l'accurata messa in scena e la profusione di effetti speciali, non conquista l'anima dello spettatore. Arduo compito quello di raccontare per immagini un'affabulazione ricca di invenzioni, simboli e inverosimiglianze, che regge sulla carta ma molto meno sullo schermo. Per combattere la noia di mostrare un giovane e una tigre in mezzo all'oceano per gran parte del film, Lee riempie le sequenze di cieli pittorici, mari di specchio, tempeste spettacolari, luminescenze notturne, balene e pesci volanti, grandi sforzi visivi ma senza poesia. La grande fiaba allegorica di Martel viene sacrificata al dio della visione iperrealista, nuocendo irrimediabilmente alla sua anima delicata e fantastica. Forse era meglio farne un cartone animato.
Life of Pi (Cina / USA, 2012)
Un film di Ang Lee.
Con Suraj Sharma, Irrfan Khan, Tabu, Rafe Spall, Gérard Depardieu.
Durata 127 min.
martedì 13 novembre 2012
Salvati dalla fantascienza
Teheran, 1979. Il popolo si rivolta, lo Scià scappa con la cassa negli USA e l'ambasciata americana viene assaltata e tutti gli occupanti presi in ostaggio. Tranne cinque, che si rifugiano in casa dell'ambasciatore canadese. Tony Mendez (Ben Affleck), agente della CIA, li deve riportare a casa. Lo fa con il piano più incredibile che si possa immaginare: spacciarli per una troupe di un film di fantascienza.
Argo è un solido e accurato film di storia contemporanea, dall'impianto tradizionale, che narra fatti veri senza diventare troppo didascalico ed evitando di semplificare troppo. Non nasconde le porcate della CIA in Iran e non dipinge i rivoltosi come degli stupidi fanatici, ma restituisce bene il clima di quegli anni, con una messa in scena eccellente, una sceneggiatura ben oliata e un ritmo serrato. Assolutamente strepitosa la prima parte hollywoodiana, con l'irresistibile coppia John Goodman & Alan Arkin, che si divide un fuoco di fila di battute sul mondo del cinema tra il sarcastico e il cinico.
Lo strampalato e geniale piano fa da contraltare alla maniacale determinazione con cui le Guardie della Rivoluzione si dedicano alla caccia all'americano (vedi la scena con i ragazzini che ricostruiscono striscia per striscia le foto del personale diplomatico finite nel tritatutto). E mentre dalla parte iraniana abbiamo manifestazioni di violenza spesso brutali, gli USA – almeno stavolta – non rispondono con le bombe, ma con la fantasia e senza spargimenti di sangue. Il nemico viene battuto dalla più formidabile macchina da guerra (culturale) americana: Hollywood.
Un film di intelligente intrattenimento firmato dal sempre più bravo Ben Affleck e prodotto da Clooney. Da vedere.
Argo (USA, 2012)
Un film di Ben Affleck.
Con Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber.
Durata 120 min.
Argo è un solido e accurato film di storia contemporanea, dall'impianto tradizionale, che narra fatti veri senza diventare troppo didascalico ed evitando di semplificare troppo. Non nasconde le porcate della CIA in Iran e non dipinge i rivoltosi come degli stupidi fanatici, ma restituisce bene il clima di quegli anni, con una messa in scena eccellente, una sceneggiatura ben oliata e un ritmo serrato. Assolutamente strepitosa la prima parte hollywoodiana, con l'irresistibile coppia John Goodman & Alan Arkin, che si divide un fuoco di fila di battute sul mondo del cinema tra il sarcastico e il cinico.
Lo strampalato e geniale piano fa da contraltare alla maniacale determinazione con cui le Guardie della Rivoluzione si dedicano alla caccia all'americano (vedi la scena con i ragazzini che ricostruiscono striscia per striscia le foto del personale diplomatico finite nel tritatutto). E mentre dalla parte iraniana abbiamo manifestazioni di violenza spesso brutali, gli USA – almeno stavolta – non rispondono con le bombe, ma con la fantasia e senza spargimenti di sangue. Il nemico viene battuto dalla più formidabile macchina da guerra (culturale) americana: Hollywood.
Un film di intelligente intrattenimento firmato dal sempre più bravo Ben Affleck e prodotto da Clooney. Da vedere.
Argo (USA, 2012)
Un film di Ben Affleck.
Con Ben Affleck, Bryan Cranston, Alan Arkin, John Goodman, Victor Garber.
Durata 120 min.
mercoledì 7 novembre 2012
Il passato non muore mai
Yokohama, 1963. Due liceali s'incontrano durante la lotta per salvare il Quartier Latin, un vecchio affascinante edificio sede di varie associazioni scolastiche, destinato alla demolizione. Tra la dolce Umi e il volitivo Shun nasce qualcosa, ma la rivelazione di un inaspettato segreto sul loro passato sconvolgerà le loro vite.
Il secondo lungometraggio di Miyazaki jr. è un elegiaco omaggio al Giappone di ieri, incentrato sull'importanza del rispetto per il passato, perfettamente simboleggiato dalla battaglia per salvare un fatiscente ma splendido palazzo dalla distruzione. È interessante notare come la lotta venga portata avanti dagli studenti, nell'apparente disinteresse del corpo docente. Questi giovani – nati nel dopoguerra – sembrano più interessati e rispettosi del passato che gli adulti e lo loro contestazione studentesca (che anticipa il '68) sembra diametralmente opposta a quella occidentale.
A questo tema s'intreccia quello intimo della tenera storia tra Umi e Shun, che attraversa tutto il film senza mai sbocciare veramente, una storia d'amore delicata, totalmente priva di tensioni sessuali, e che resta aperta nel finale.
Goro Miyazaki riproduce meticolosamente e con affettuosa nostalgia un Giappone che lui non ha mai visto (è nato nel 1967), perfettamente in linea con la consueta cura delle produzioni Ghibli. Però il film è più vicino a certi lavori "minori" dello Studio (come il delizioso I sospiri del mio cuore di Yoshifumi Kondō) che ai capolavori di Miyazaki padre, privo com'è di qualsiasi slancio poetico e/o geniale. Per estimatori e amanti del Giappone.
La collina dei papaveri (Kokuriko-Zaka Kara, Giappone, 2011)
Un film di Goro Miyazaki.
Durata 91 min.
giovedì 1 novembre 2012
Chi muore si rivede
Bond muore prima dei titoli di testa, ma poi risorge per combattere la sua nemesi (l'ex-agente Silva), che ha sferrato un attacco al cuore dell'MI6.
Il nuovo episodio del reboot "adulto" del marchio 007 segna un ritorno in grande stile di Bond, dopo la parentesi noiosa e cervellotica di Quantum of Solace. C'è più azione, più profondità e umanità nei personaggi – a partire da un Bond sofferente e un po' in disarmo (come in Mai dire mai) – e una trama dagli echi da tragedia greca, incentrata sul triangolo Bond, Silva ed M, tutto morte, colpa, tradimento e vendetta. Raoul Silva (uno straordinario villain reso perfettamente da Javier Bardem) come 007, ha pagato cara una decisione presa da M e torna per vendicarsi, mentre Bond "ritorna dalla morte" per soccorrerla. Entrambi sono due superstiti, due facce della stessa medaglia, due figli che M (come Medea) non ha avuto problemi a sacrificare. Il duetto tra Bond e Silva – con tanto di sottintesi omoreotici – da solo vale il biglietto e azzera anni di torture sadiche subite da 007 con stoicismo maschio.
Skyfall probabilmente è il film più ambizioso e più colto della nuova serie, grazie a una sceneggiatura efficiente, una fotografia splendida e la efficace regia di Sam Mendes, uno che non arriva dagli action-movies, ma da opere raffinate e intelligenti come American Beauty o Revolutionary Road.
Dunque un film maturo e visivamente ricercato (si vedano le futuristiche sequenze di Shanghai, quelle sull'isola fantasma e le scene finali, cupe e – coraggiosamente - al limite della visibilità, ambientate in Scozia), ma che non lesina né sul puro divertimento fracassone, né sugli affettuosi omaggi ai cliché della saga nel suo cinquantenario dalla nascita. Lunga vita a 007!
Skyfall (USA / Gran Bretagna, 2012)
Un film di Sam Mendes.
Con Daniel Craig, Judi Dench, Javier Bardem, Ralph Fiennes, Naomie Harris.
Durata 143 min.
Il nuovo episodio del reboot "adulto" del marchio 007 segna un ritorno in grande stile di Bond, dopo la parentesi noiosa e cervellotica di Quantum of Solace. C'è più azione, più profondità e umanità nei personaggi – a partire da un Bond sofferente e un po' in disarmo (come in Mai dire mai) – e una trama dagli echi da tragedia greca, incentrata sul triangolo Bond, Silva ed M, tutto morte, colpa, tradimento e vendetta. Raoul Silva (uno straordinario villain reso perfettamente da Javier Bardem) come 007, ha pagato cara una decisione presa da M e torna per vendicarsi, mentre Bond "ritorna dalla morte" per soccorrerla. Entrambi sono due superstiti, due facce della stessa medaglia, due figli che M (come Medea) non ha avuto problemi a sacrificare. Il duetto tra Bond e Silva – con tanto di sottintesi omoreotici – da solo vale il biglietto e azzera anni di torture sadiche subite da 007 con stoicismo maschio.
Skyfall probabilmente è il film più ambizioso e più colto della nuova serie, grazie a una sceneggiatura efficiente, una fotografia splendida e la efficace regia di Sam Mendes, uno che non arriva dagli action-movies, ma da opere raffinate e intelligenti come American Beauty o Revolutionary Road.
Dunque un film maturo e visivamente ricercato (si vedano le futuristiche sequenze di Shanghai, quelle sull'isola fantasma e le scene finali, cupe e – coraggiosamente - al limite della visibilità, ambientate in Scozia), ma che non lesina né sul puro divertimento fracassone, né sugli affettuosi omaggi ai cliché della saga nel suo cinquantenario dalla nascita. Lunga vita a 007!
Skyfall (USA / Gran Bretagna, 2012)
Un film di Sam Mendes.
Con Daniel Craig, Judi Dench, Javier Bardem, Ralph Fiennes, Naomie Harris.
Durata 143 min.
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