giovedì 4 febbraio 2010

La guerra è una droga


Faccio un'eccezione alla regola di recensire solo i film visti in sala, per questa pellicola indipendente, candidata ora a 9 Oscar (1). "The Hurt Locker", uscito in Italia già nel 2008 (dopo il passaggio al Festival di Venezia), è stato pressoché ignorato dal grande pubblico (meno di 50 mila euro l'incasso del primo week-end). Colpa del titolo incomprensibile (2) e un di poster italiano graficamente autolesionista e senza appeal (qui ho pubblicato quello per il mercato scandinavo, il più accattivante di tutti).
La tosta Kathryn Bigelow ci mostra una cruda fetta dell'Iraq odierno, inseguendo le azioni di una squadra di artificieri. Ogni operazione è un un tentato suicidio nella roulette russa delle strade di Baghdad. Il sergente William James disinnesca auto-bomba, ordigni micidiali lasciati ai bordi delle strade, kamikaze involontari e perfino il "corpo-bomba" di un ragazzino (una delle scene più agghiaccianti del film). James non sembra temere la morte, a differenza dei suoi compagni di squadra. Si lancia in ogni missione con una passione perversa e sembra non poter farne a meno. Perché, come dice l'epigrafe all'inizio del film, "la guerra è una droga" (3). Ed è più potente dell'amore per la propria famiglia. Lo spericolato protagonista – come scopriamo in seguito – ha una bella moglie e un figlio piccolo a casa: un mondo lontano, quasi alieno a lui. Significativa la piccola ma perfetta sequenza della spesa all'ipermercato con la moglie, che vale più di mille parole.
"The Hurt Locker" è un film senza retorica, crudo ed essenziale, coinvolgente, potente e a volte poetico. Non è opera politica o impegnata come "Redacted" di DePalma: resta solo un film di genere bellico, ma girato benissimo e con un punto di vista originale su una guerra insensata. Ognuno trarrà le sue conclusioni. Spero che la pioggia di nomination agli Oscar lo riporti presto in sala.

The Hurt Locker (USA, 2008)
Un film di Kathryn Bigelow.
Con Jeremy Renner, Anthony Mackie, Guy Pearce, Ralph Fiennes, Brian Geraghty, David Morse, Christian Camargo, Evangeline Lilly
Durata 131 min.

1 Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista, Migliore Sceneggiatura originale, Fotografia, Montaggio, Effetti sonori, Montaggio del suono, Colonna sonora
2 Il titolo del film è una locuzione presente nello slang militare americano usata per descrivere un luogo particolarmente rischioso in cui i risvolti sono imprevedibili. (Wikipedia)
3 "La furia della battaglia provoca una dipendenza fortissima e spesso letale, perché anche la guerra è una droga"
Chris Hedges, scrittore e corrispondente di guerra americano.

1 commento:

  1. Ma perchè a tutti voi piace così tanto?
    Buh, forse avevo troppe aspettative...

    Sicuramente non politico o di denuncia, ma anche troppo lento e riflessivo per essere un film d'azione...

    E io che speravo in un Point Break a Bagdad..

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